Wu Ming 4 / Nelle foreste eterne

Wu Ming 4, La vera storia della Banda Hood, Bompiani, pp. 240, euro 16,00 stampa, euro 9,99 epub

Prima di tutto il posto. La Banda Hood ci porta nella foresta di Sherwood, dove tra muschi, paludi e alberi secolari la vita e la morte ballano un Rondò. In questo paesaggio-personaggio le fate possono fare capolino da una roccia muschiosa, gli alberi ricordano il popolo degli Ent e gli acquitrini sembrano dotati di volontà propria, Little John perde il suo compagno di caccia. Come il personaggio di De Andrè il John più grande aveva ucciso la selvaggina del re e anche se in quel periodo non si sa bene chi sia il re la punizione arriva, e letale. Nei boschi c’è la vita e la morte, ma quando chi non ha nulla da perdere si ritrova c’è anche l’amicizia, il fare banda e procacciarsi di che campare, a volte alleggerendo le tasche di chi è più fortunato.

Il luogo diventa anche tempo, all’apparire di Gisborne, cavaliere crocesegnato, pellegrino combattente che è tornato (non senza una missione) dalle Terre degli Infedeli dove Riccardo I combatté la sua crociata. Siamo nel Medioevo e la lotta per il trono d’Inghilterra tra Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senzaterra (Plantageneto) è lo scacchiere in cui si svolgono le vicende della Banda Hood. Wu Ming 4, al Secolo Federico Guglielmi, si muove su un naturale doppio binario: da un lato la storia (come in Q, firmato allora come Luther Blisset, pubblicato da Einaudi) e dall’altro le sue competenze sui boschi inglesi derivanti dalla conoscenza di Tolkien, di cui è uno dei massimi esperti italiani (uno tra tutti Difendere la Terra di Mezzo ripubblicato da Bompiani di recente).

Il crociato accede alle grazie di Lady Mariam e si inserisce nel gioco di potere tra alleati e antagonisti di Riccardo I, diventando il perno intorno al quale ruota tutta la vicenda. Un personaggio complesso, magistrale, che abbina le caratteristiche dell’eroe e del villain in un gioco di specchi che gli fa assumere spessore storico. Per capire il meccanismo che muove la trama è necessario ascoltare il saggio consiglio “follow the money”, non solo perché il denaro fa gola a tutti. E nemmeno perché a Sherwood si ruba ai ricchi per dare ai poveri (più che altro i poveri rubano e fanno bene e basta). Il denaro serve per il riscatto di Re Riccardo in persona, tenuto prigioniero dall’Imperatore Enrico VI a Vienna, catturato sulla via del ritorno dalle terre degli Infedeli essersi coperto più o meno di gloria. Quindi il tesoro di decime che si muove per quelle terre sotto forma di lingotti d’oro è uno strumento politico in tutti i sensi: a chiunque sia estorto, rubato o finisca in mano.

Qui va ricordata una cosa e cioè che l’autore è storicamente bravo a descrivere le scene di azione, degno erede della grande letteratura d’avventura Otto e Novecentesca. Insomma non manca la parte coinvolgente che movimenta (molto) l’azione nella terra ubertosa di Nottingham/Sherwood. Ma dov’è Robin? Non ve lo dico. Questo sarebbe proprio il grande spoiler del libro, che consiglio vivamente di leggere, anche solo per le atmosfere. Insinuo solo, a completamento di questa breve segnalazione, che una delle canzoni preferite dal popolo di quelle terre riguarda proprio Robin Hood e lo storyteller non si stanca mai di suonarla e raccontarla con la sua voce melodiosa.