Fanucci ripropone a prezzo economico il ciclo completo delle avventure di Thomas Carnacki l’acchiappa-fantasmi, nella nuova traduzione di Elena Marchi. I nove racconti, presenti sul mercato italiano anche in altre edizioni (Manni, 2013; Il Palindromo, 2023), sono quelli raccolti per la prima volta nel 1947 da Mycroft & Moran, cioè i sei originariamente apparsi tra il 1910 e il 1912 sui pulp magazine inglesi (con le illustrazioni di Florence Briscoe, qui non riprodotte) e le tre short story postume, “La Jarvee infestata”“, “Il ritrovamento” e “Il maiale”.
Agli sgoccioli della Belle Epoque britannica – Hodgson morirà pochi anni dopo, con i gradi di tenente, durante l’ultima offensiva tedesca nelle Fiandre – Carnacki è per molti aspetti il classico detective edoardiano, a suo agio tra spettri e castelli infestati come Sherlock Holmes lo è tra assassini e omicidi irrisolti. Se uno ha la sua celebre residenza al 221B di Baker Street, l’altro si è sistemato al 427 di Cheyne Walk, a Chelsea, in un appartamento da single non troppo dissimile, dove è ammesso solo un ristretto circolo di amici maschi. Uno di essi, al termine di una cena veloce, fa qui le veci di Watson raccontando al lettore l’avventura che Carnacki ha deciso di condividere con i commensali. Hodgson ripropone questa medesima cornice narrativa in tutti e nove i racconti.
Secondo Lovecraft – ricorda Carlo Pagetti nella prefazione – come investigatore dell’occulto, Carnacki, apparso nella letteratura popolare dopo il John Silence di Algernon Blackwood, risulta almeno in parte derivativo. Ciò toglie poco o nulla, tuttavia, all’originalità e al profilo del personaggio che Hodgson ha inventato. Meticoloso, non geniale né particolarmente coraggioso, Carnacki confida infatti esclusivamente nella sua tecnica investigativa che si può solo descrivere come l’esatto opposto dell’epistemologia holmesiana. In questa razionalità rovesciata, il detective assume precauzionalmente che le forze soprannaturali del Male siano sempre all’opera sulla scena umana fino a prova contraria. Nei suoi casi emerge la dimensione problematica del mistery: il puro soprannaturale e la sua maldestra simulazione, agita da semplice e interessata perfidia umana, si rivelano entrambe altrettanto reali. Nella soluzione finale dell’intreccio, che siamo tenuti ad indovinare, si alternano, infatti, e si sovrappongono, scambiandosi frequentemente di ruolo.
Carnacki non è un uomo fanatico o superstizioso ma un gentleman agnostico che ha visto cose che voi umani ecc. Roba grossa, si capisce, non gli allegri fantasmi di Canterbury. Per questo al primo campanello di allarme mette subito mano alle risorse del “Manoscritto di Sigsand” e alle formule del “Rituale Saaaaaaa”, che cita senza sosta, per proteggersi dalle possibili manifestazioni degli “Aeiirii” e soprattutto dei terribili “Sciiti” (nessuna parentela). Ma Carnacki è anche, profondamente, un uomo del suo tempo che ricorre ai ritrovati della moderna tecnologia, come fotografia e microfoni, e soprattutto all’elettricità che alimenta il Pentacolo Elettrico, una barriera esoterica di sua invenzione. Un dispositivo ibrido con cui Hodgson torna a riannodare i misteri dell’aldilà ai poteri e all’aura dell’elettromagnetismo, già sodali nell’immaginario della seconda rivoluzione industriale, al tempo stesso occulta e tecnologica come lo è Carnacki. Non è un caso se in poco più di un secolo il suo personaggio – meno fortunato al cinema, se si eccettua un lontano episodio televisivo per BBC (interpretato da Donald Pleasence) – è riaffiorato spesso nei riferimenti di graphic novel e letteratura fantastica. In particolare nel multiverso di The League of Extraordinary Gentlemen, la saga di Alan Moore, che lo ha visto, assieme a Wilhelmina “Mina” Murray, Allan Quatermain e ad altri comprimari della sua epoca, salvare il mondo da un complotto di Aleister Crowley.