Walter Stone Tevis (1928/1984) è uno degli scrittori statunitensi contemporanei che maggiore influenza hanno avuto sul cinema e sull’immaginario popolare americano, avendo saputo evocare figure e personaggi ormai divenuti archetipici: l’alieno caduto dal cielo, l’orfana geniale e quasi autistica campionessa di scacchi, lo spavaldo e nomade giocatore di biliardo. Figure fragili e solitarie, minate dalla dipendenza – dall’alcool, dal gioco, dall’azzardo – e gettate in balia di un mondo ostile o indifferente. Dei sette romanzi prodotti da Tevis, quattro sono diventati indimenticabili successi cinematografici.
Il secondo è stato invece La regina degli scacchi (The Queen’s Gambit) del 1983, romanzo che narra la formazione di Beth Harmon, un’orfana che per sottrarsi alla propria condizione di disagio e isolamento, dovrà confrontarsi con la dipendenza – dalle pillole tranquillanti e in seguito dall’alcool – e con l’ossessione per il gioco degli scacchi. Vinceranno gli scacchi: la caparbietà e il genio della ragazza la condurranno a farsi strada, unica donna in un mondo di maschi, nei tornei scacchistici, da quelli scolastici fino a quelli internazionali, giungendo a rappresentare gli Stati Uniti contro i temibili avversari russi. Adattato per la televisione nel 2020 nella miniserie TV omonima, segnerà la consacrazione come diva dello schermo della giovanissima Anya Taylor-Joy in una delle produzioni più sofisticate e perfette, con univoci riconoscimenti da parte di critica e pubblico, della storia della narrativa seriale televisiva.
Infine ristampati da Mondadori solo da pochi mesi, i due romanzi forse più famosi di Tevis: quello con cui ha esordito nel 1959, Lo spaccone (The Hustler), e il meno riuscito seguito, Il colore dei soldi (The Colour of Money), uscito nel 1984 a pochi mesi dalla morte dell’autore per un cancro al fegato. I protagonisti di entrambi, a distanza di circa vent’anni tra un libro e l’altro, sono due “squali del biliardo”, il giovane e attraente Fast Eddie Felson, baldanzoso sfidante del più maturo campione, Minnesota Fats, obeso ma agile come una ballerina quando ha una stecca in mano.
Personaggi e ambiente sono descritti con una vividezza e una veridicità assoluta derivata a Tevis dall’aver frequentato per anni le sale da biliardo. Come gli scacchi di Beth Harmon, anche il biliardo di Fast Eddie diventa metafora della vita, prospettiva metafisica sul mondo, senza perdere una briciola dell’aspro realismo della rappresentazione. L’epica della vittoria e della sconfitta, l’azzardo e il rischio della sfida, il verde del velluto del tavolo che affascina Eddie perché ha “il colore dei soldi”, lo schianto delle bilie che cozzano e cadono in buca, il gesso sulle stecche, l’olezzo di alcool e fumo e lunghe notti insonni, l’incombere del tacito sottobosco criminale che prolifera intorno alle scommesse sugli assi della stecca: non manca nulla per definire un’epopea moderna.
Sebbene Eddie sia – anche – uno spaccone, la traduzione italiana di Hustler, non rende a pieno il senso di imbroglio, truffa, proprio del termine inglese: il mestiere di Eddie infatti consiste nel giocare volutamente male per far alzare la posta all’avversario e poi fregare il “pollo” rivelando la propria bravura solo quando la cifra in palio raggiunge la quotazione voluta. Non sempre il gioco va bene, e perfino allo “svelto” Eddie spezzeranno i pollici una volta. La sfida con Minnesota Fats sarà invece leale, una lotta tra titani, costruita non solo sull’abilità ma anche e forse soprattutto sui nervi, sul carattere.
Il romanzo fu subito un grande successo e già nel 1961 Robert Rossen ne trasse una mirabile trasposizione cinematografica, vincitrice di due Oscar, con un cast d’eccezione: un giovane Paul Newman nel pieno del suo splendore, nel ruolo di Eddie; un mefistofelico George C. Scott, in quello di Bert, il gangster-manager che con paternalismo sornione sfrutterà il talento di Eddie; un indimenticabile Jackie Gleason, unico possibile Minnesota Fats; e un’intensa Piper Laurie, nel ruolo di Sarah Packard, la studentessa poliomelitica e alcolizzata che si metterà insieme a Eddie.
Nell’introduzione al libro Tevis, rivendicando l’invenzione di Minnesota Fats “come Walt Disney ha fatto con Paperino” per zittire un millantatore che si vantava di aver ispirato il personaggio, si lascia sfuggire una confessione personale: “Anche Fast Eddie l’ho inventato io. Sarah, in un certo senso potrebbe essere me; ma ciò accadeva in un altro paese, e comunque la pulzella è morta”. Il personaggio più fragile e spezzato è, come sempre, lo scrittore stesso.
Ma dobbiamo riconoscere che la figura di Sarah emerge assai più che nel romanzo, soprattutto nel film che, con un lavoro egregio di sceneggiatura da parte di Sidney Carroll e dello stesso regista, riesce a scavare a fondo nei personaggi esaltandone relazioni e caratteristiche. Rossen aggiunge del suo ai protagonisti di Tevis: durante il maccartismo il regista, noto per le sue posizioni di sinistra, fu costretto a denunciare i propri compagni e non ebbe la forza di resistere alle pressioni. Il suo dolente senso di colpa traspare ancora nella figura esile di Sarah – claudicante, dipendente dall’alcol, emarginata: “PERVERTED”, “TWISTED”, “CRIPPLED” saranno le ultime parole su sé stessa che lascerà scritte col rossetto sullo specchio del bagno. Forse la più bella figura femminile di tutto il cinema dell’epoca: il regista la metterà in conflitto diretto con Bert, il losco allibratore, in una strenua lotta per il possesso di Eddie (nel romanzo invece i due personaggi procedono paralleli senza incontrarsi mai). E la ragazza non potrà che perdere. Il tragico finale del film aggiunge un’amarezza esistenziale e un mood noir che resta invece molto più sfumato nel libro.
Il colore dei soldi, non ha la stessa compattezza del testo di cui vorrebbe essere il seguito ma resta comunque interessante. Sono passati quasi 25 anni dai fatti narrati e Fast Eddie è ormai un disilluso ma ancora prestante cinquantenne che si è lasciato alle spalle il biliardo professionale per gestire, più borghesemente, una sala da biliardo che ha dovuto cedere alla moglie dopo il divorzio. Senza arte né parte, cerca di riprendere l’attività agonistica: ma il mondo del biliardo è cambiato, perfino l’amato 125, sua specialità, è caduto in disuso e ora si gioca ai più spicci palla 8 o palla 9, per gestire professionalmente i quali l’ex campione è perfino costretto a sottoporsi ad un pressante nuovo allenamento. Cercando di rinverdire le antiche glorie coinvolge una piccola emittente televisiva per un programma che trasmetterà le sfide itineranti da disputarsi in fiere e grandi magazzini delle maggiori città dell’Unione, tra lui e il suo mitico avversario, l’ormai quasi settantenne Minnesota Fats. L’epica notturna delle sfide del grande biliardo di un tempo si è ormai ridotta a intrattenimento da baraccone, messa in scena raffazzonata sotto lo sguardo ebete di un pubblico rumoroso e quello altrettanto ebete ed elettronico delle telecamere. Eddie cerca di convincere Minnesota, che si gode gli ultimi risparmi accumulati in Florida, a seguirlo nell’impresa ma il grassone, la cui salute è in declino, accetta solo per una cifra doppia di quella offerta: Eddie dovrà rinunciare a una parte del suo per colmare la differenza, ma il progetto non può funzionare se non coinvolgendo entrambi i campioni rivali. Questo è solo l’inizio del romanzo che in seguito si sfilaccia in troppe trame parallele, decentrando e depotenziando l’impatto introduttivo della forte riflessione sulla vecchiaia e sul tempo.
Forse per questo motivo Martin Scorsese, quando nel 1986 realizzerà l’omonimo film con un ormai maturo Paul Newman ancora nei panni di Fast Eddie, deciderà di far riscrivere completamente a Richard Price la trama. Non si tratta quindi come per Lo spaccone di Rossen di un geniale adattamento ma di uno stravolgimento totale: il personaggio di Minnesota Fats scompare del tutto (forse anche per l’impossibilità di avere nel ruolo di nuovo Jackie Gleason, morto l’anno successivo) e viene introdotta una figura assente nel libro, Vincent Lauria, interpretato da Tom Cruise, una sorta di alter ego giovane in cui Eddie vede sé stesso com’era vent’anni prima. Resta in comune, fra libro e film, giusto l’ambientazione durante i grandi tornei di biliardo a eliminazione, spostati ormai nei Casinò di Atlantic City e di Las Vegas: la raffigurazione di un gioco che ha ormai perso in questo modo gran parte della sua antica magia. Se Lo spaccone, libro e film, sono un capolavoro, Il colore dei soldi, libro e film, non lo sono.
Tevis resta comunque un autore che bisogna leggere: ricordo dunque anche i suoi lavori meno famosi, tutti tradotti e disponibili in italiano. Mockingbird, del 1980, tradotto come Futuro in trance (Mondadori 1983) o Solo il mimo canta al limitare del bosco (Minimum Fax 2015); Far From Home (Lontano da casa, Mondadori 1991); The Steps of the Sun (A pochi passi dal sole, Mondadori 1992). Ancora due romanzi di fantascienza e una raccolta di racconti fantastici.