Dobbiamo ringraziare le piccole e coraggiose case editrici che lavorano molto più per passione che per denaro, se in questo Paese vengono tradotti e pubblicati testi fondamentali, ma non certo best-sellers, che le majors dell’editoria nostrana sfuggirebbero come la peste e che mai potrebbero vedere la luce altrimenti.
È il caso dell’encomiabile Providence Press di Bologna che ormai da qualche anno conduce un accuratissimo piano di recupero della narrativa tardo-gotica e pulp anglosassone – con autori come M.P. Shiel, Arthur Machen, Robert E. Howard, William Chambers Morrow e altri – e cura la rivista di narrativa fantastica e weird Providence Tales. Ed è altrettanto il caso di I Am Providence, la monumentale biografia definitiva (1200 pagine complessive, suddivise in due tomi) che S.T. Joshi, il maggiore esperto anglofono di horror e weird, ha dedicato a Howard Phillips Lovecraft, il controverso autore statunitense teorico e praticante del Supernatural Horror in Literature. L’opera, impegnativa sotto tutti i punti di vista e condotta con amore e rigore maniacali, era stata pubblicata negli Stati Uniti nel 2010, preceduta nel 1996 da una versione preparatoria “breve” (appena 710 pagine) intitolata H.P. Lovecraft: A Life, rivolta soprattutto a un pubblico di cultori e appassionati, un po’ maniacali anche loro, disposti a perdersi con abnegazione nei minimi dettagli biografici riguardanti l’oggetto del loro culto.
Improbabile che le legioni di fan giunti al mondo di Lovecraft con i giochi di ruolo, con i film e i comics o con la musica black metal – la vulgata lovecraftiana di massa, insomma – fossero in grado di accostarsi a simili raffinatezze. E infatti così non è stato: il testo è divenuto un cult solo nella ristretta schiera degli studiosi e degli specialisti, gli unici in grado di apprezzarlo davvero. Ci voleva dunque un coraggio che sfiorasse la temerarietà per voler replicare l’impresa in Italia. L’Editore però, valendosi della curatela del bravo Giacomo Ortolani, non ha esitato e ha licenziato in ottobre il primo volume di Io sono Providence: La vita e i tempi di H.P. Lovecraft, relativo agli anni giovanili 1890-1920, cui seguiranno nei prossimi due anni quello dedicato alla prima fase letteraria 1920-1928, e quello della piena maturità e dell’apoteosi postmortale 1928-2010, che ha fatto del Visionario di Providence, scomparso nel 1937 in totale anonimato, uno dei più famosi scrittori del fantastico moderno. È stato saggio da parte del curatore voler dividere l’immenso lavoro in tre tomi anziché due: una scelta che concede al lettore volumi meno pesanti e più maneggevoli, caratteri tipografici meno fitti e più grandi e leggibili, oltre che una scansione più graduale e cadenzata nella presentazione di un affresco umano, sociale e psicologico così impegnativo.
Il libro, che replica egregiamente la frugale compostezza dell’originale con pochissime foto e moltissimo testo, segue la famiglia Lovecraft dalle origini, intorno al Cinquecento, nel contesto della piccola nobiltà inglese, e poi nel suo trasferimento oltreoceano un secolo e mezzo dopo, fino alle vicende familiari dei genitori e alla nascita del futuro scrittore. Si cerca di far luce, per quanto possibile, sulla figura piuttosto opaca del padre Winfield Scott, commesso viaggiatore, e sulla natura misteriosa della “paresi generale” che ne causò la morte nel 1898 (una probabile neurosifilide terziaria in forma maligna), sulla relazione complessa e opprimente fra il piccolo Howard e la madre Susan Phillips e sulle sue prime letture (a cominciare dalle novelle de Le mille e una notte, lette a cinque anni, e The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge). L’opera analizza i trascorsi scolastici di Lovecraft (con analisi delle pagelle, delle materie frequentate, dei voti ottenuti e perfino il computo dei giorni di assenza), soffermandosi sugli interessi scientifici del giovane, soprattutto nel campo dell’astronomia e della meteorologia, e sulle sue prime collaborazioni giornalistiche in materia e indagando sul mai chiarito esaurimento nervoso che gli impedì di terminare il liceo e iscriversi al college a 18 anni, e il conseguente quasi totale black-out di notizie fra il 1908 e il 1913, fino ad addentrarsi nei primi tentativi letterari in campo poetico e narrativo e sul sorgere delle sue concezioni etiche ed estetiche, e delle sue contemporanee fisime e manie: il materialismo meccanicistico, il culto dell’antichità classica e dell’Età dei Lumi, come il razzismo, e l’interventismo in occasione della Prima guerra mondiale. Tra i temi fondamentali, il libro affronta con precisione l’entusiastica adesione di Lovecraft ai circoli del giornalismo amatoriale e si sofferma sulla sua conseguente vocazione letteraria ispirata ai modelli tematici e stilistici di Lord Dunsany (che più tardi leggerà Lovecraft e ricambierà l’apprezzamento) e Ambrose Bierce, ancora più che a quelli di Poe. In appendice, curata da Pietro Guarriello, un’accurata bibliografia (anche italiana) che include oltre ai racconti e alle poesie, gli articoli giornalistici, i saggi scientifici e gli scritti autobiografici citati. L’indice analitico, strumento estremamente utile in opere di questo genere, sarà incluso alla fine del terzo ed ultimo volume.
Non possiamo che concludere invitando tutti i lettori incuriositi e interessati a visitare il sito e il catalogo e ad acquistare questo e gli altri volumi editi da Providence Press: è il miglior modo che abbiamo per dimostrare all’Editore la nostra stima del suo meticoloso e appassionato lavoro e per dargli concretamente la possibilità di continuare a farlo.