Ci sono autori che non raggiungono la notorietà che meriterebbero. Le ragioni possono essere diverse anche se la fortuna, a volte, gioca un ruolo determinante. Magari sono scrittori che non amano la ribalta, che non promuovono i loro libri come vorrebbero le grandi case editrici, che non compiacciono le aspettative del pubblico o dicono quello che pensano senza i filtri del politicamente corretto. E allora spesso sono relegati a case editrici “minori” – e ce ne sono tante in Italia di qualità che svolgono un lavoro prestigioso, come ad esempio la stessa Vallecchi, ma che non possono certo gareggiare con il potere delle major –, motivo per il quale è difficile che raggiungano il grande pubblico. La scrittrice Romana Petri, intervistata nella serata della premiazione dello Strega, ha indicato Il valico dei briganti come un libro imperdibile scritto da un autore straordinario: Vincenzo Pardini. Sottoscrivo in toto il parere della scrittrice romana, che ha auspicato che l’autore toscano possa presto pubblicare con una casa editrice più grande ed essere maggiormente apprezzato.
Pardini pubblica dal 1981, è sempre stato un autore molto riservato e poco propenso alla mondanità. Le sue qualità sono evidenti: una proprietà di linguaggio invidiabile, uno stile che si adatta all’epoca delle storie che narra, un tratteggio dei personaggi calibrato, trame diverse spesso ambientate in zone rurali, una visione d’insieme ampia accompagnata da una cura dei dettagli impressionante, una conoscenza profonda della psicologia umana. Sono scritti con diverse chiavi di lettura quelli di Pardini perché la struttura del testo è sempre studiata con la massima attenzione così come la concatenazione dei fatti.
Il valico dei briganti è anche un romanzo storico, che riprende le vicende di una banda che operò nella zona di Bagni di Lucca dal 1837 al 1842, sospeso tra realtà e leggenda, arricchito da miti e credenze che ne fanno una lettura avvincente. Siamo ai primi dell’Ottocento nelle campagne intorno al piccolo paese: il giovanissimo Vlademaro Taddei scopre il fascino del furto rubando la frutta dei vicini. Ogni volta che il padre lo scopre sono dure punizioni, ma questo non basta a dissuaderlo: il ragazzo si fa sempre più audace e comincia a puntare più in alto. Ha un rapporto conflittuale con i fratelli che spesso denunciano al padre le sue malefatte, e dopo che quest’ultimo lo manda a lavorare con un gruppo di pastori, nel momento in cui viene accusato ingiustamente di aver insidiato le loro donne, riesce a scappare e non trova altra soluzione, per scampare alla vendetta, di emigrare in California. Dopo aver raccolto con diversi furti il denaro per il viaggio, si imbarca a Genova per la traversata: lì incontra Jodo Cartamigli, ragazzo ligio alle leggi che sarà il suo alter ego. Appena arrivati in California vengono assunti come ranger per difendere i portavalori dagli attacchi dei briganti. Vlademaro non è suo agio, e alla prima occasione tradisce l’amico e col bottino che dovevano difendere si unisce a una banda.
Dopo anni di peripezie e furti, decide di tornare in patria, dove viene accolto con diffidenza dato che Jodo continua a tenere informata la sua famiglia, e di conseguenza la comunità, delle sue malefatte. Nonostante le difficoltà, le forze dell’ordine che lo controllano da vicino, ricomincia una vita semplice: aiuta i fratelli nel lavoro agricolo e nasconde in un casale la refurtiva accumulata in tutti quegli anni, si sposa, sperando che una esistenza tranquilla metta a tacere i sospetti che gravano su di lui: la moglie gli regala due figli, ma, impellente, ritorna la voglia di rubare. Vlademaro non è un ladro per necessità, e nel suo delinquere ha un’etica personale che gli impedisce di uccidere se non in casi estremi, o di perpetrare violenza sulle donne – cosa che fanno i suoi complici causandogli attacchi d’ira –, odia il potere politico ed ecclesiastico (non a caso le parrocchie sono spesso il suo bersaglio), detesta e colpisce una società criminale in cui la prepotenza dei forti si impone sui deboli. A un certo punto Jodo ritorna, facendogli sapere che vuole vendicarsi del tradimento subito. E qui comincia un’altra storia con colpo di scena finale annesso dopo pagine di pura suspence.
Lo sguardo di Pardini sulla società della prima metà dell’Ottocento è impietoso: sfruttamento dei potenti verso i deboli, abusi gratuiti sulle donne, una classe ecclesiastica che non esita a eliminare tutti coloro che la mettono in pericolo, istituzioni che si scagliano contro i più poveri per mantenere i privilegi dei ricchi, leggi inumane per mantenere lo status quo. Non si può, durante la lettura, non provare simpatia per un uomo che pur macchiandosi di crimini è una delle poche voci che si ribella a iniquità sociali e sopraffazioni, e tenutario di un senso della giustizia che nessun altro sembra possedere: il protagonista non è tenero con il potere, proprio come i libri dell’autore.