Viktor Šklovskij / Ròzanov, l’uomo del sottosuolo

Viktor Šklovskij, Ròzanov, tr. Maria Zalambani, Wojtek, pp. 86, euro 16,00 stampa

Illuminato indagatore dell’animo di Vasìlij Ròzanov, Viktor Šklovskij subisce il fascino della ribellione nei confronti del soggetto, del procedere erratico e senza un apparente filo logico, sirene accattivanti per ogni buon accolito del formalismo. Trattando alcune sue opere, Solitaria e Foglie cadute (Cesta 1 e 2), Šklovskij individua l’unicità dell’esperienza letteraria di Ròzanov, il suo porsi come genere nuovo e inedito. L’epica del frammento ha molteplici riverberi. Šklovskij compone queste pagine durante la guerra civile, nella precarietà di una vita vagabonda, dopo il ferimento a causa di una granata maneggiata con imperizia, rischiando di divenire egli stesso frammento. Le riflessioni sull’amato scrittore nascono da qui, dall’esplosione creativa che darà vita al Viaggio sentimentale.

Il volume tratto dal libro L’intreccio come fenomeno di stile, uscito nel 1921, è uno studio sulle peculiarità stilistiche di Ròzanov e su numerosi argomenti teorici connessi alla scrittura. Per Ròzanov la letteratura è frantume, frase appuntata su brandelli di carta, su scatole di sigarette e lacerti libreschi. La scrittura è disordine, groviglio di aneddoti, memoria e stralci di conversazione, minuzia inestricabile. Ròzanov appunta le impressioni di getto, mentre sgorgano dentro di lui – una sorta di monologo ininterrotto e scurrile che nulla tralascia, neppure gli aspetti più sordidi dell’esistenza. La brama di scrivere tutto lo precipita nel caos, che non è però immune da una certa organizzazione. In lui Šklovskij identifica un tentativo eroico di uscire dalla letteratura, “di esprimersi senza parole, senza forma”. Il risultato è meraviglioso, perché “ha creato una nuova letteratura, una nuova forma”.

Colpisce la novità dei temi. Grande risalto hanno le digressioni culinarie, il gusto del cibo sgargiante. Giunto alla fine del suo cammino, Ròzanov mostra una bramosia di cibo senza eguali. L’unica gioia che gli rimane è nel gusto e nell’olfatto. Di conseguenza il quotidiano assurge a soggetto principe della letteratura. Nei tre libri oggetto di analisi l’unità compositiva prescinde dalla motivazione. Lo scrittore eleva la tecnica giornalistica a procedimento stilistico. Il suo rifiuto della tradizione e della sapienza libresca lo porta a immergersi nei meandri letterari più nascosti, a evocare gli scrittori sconosciuti e inosservati. In questo senso Ròzanov è l’uomo del sottosuolo, ombroso e petulante, eternamente afflitto dal proprio incessante pensare. L’idea della morte, perennemente presente, lo atterrisce. Tutt’altro che assertiva, la sua opera è sfuggente ed elusiva. Nel chiudere il libro Šklovskij, con un vezzo che rimanda all’oggetto del suo studio, dichiara morto il vetusto canone della conclusione. Con gesto estremamente moderno addita una concezione letteraria aperta, caotica e funambola, mai conclusa per sovrabbondanza di materiale e indomabile irrequietezza.