Veronica Raimo / Caustici disincanti

Veronica Raimo, Niente di vero, Einaudi, pp. 176, euro 18,00 stampa, euro 9,99 epub

È noto che il successo di un libro, molto spesso, si fonda sul passaparola. I lettori ne parlano, trovano aggettivi brillanti ed evocativi. Seducono i loro amici e parenti e li portano a leggere il libro, meglio se appena uscito. Te l’hanno detto? L’hai già letto? Il libro di Veronica Raimo fa morire dal ridere. Aneddoti, goffaggini, paradossi, gaffe, pianti, fughe rocambolesche. Tutto giusto, ma Niente di vero è molto di più, è un libro assai serio e, contraddicendo il titolo, assai vero.

Siamo a Roma, in questi ultimi decenni. La famiglia raccontata da Veronica è una famiglia “normale”: padre, madre, fratello e sorella. Vivono tutti insieme in un quartiere borghese non proprio vicino al centro storico e operano nel mondo, il proprio mondo, secondo regole e valori immutabili. Quelli che invece si trovano a essere molto dinamici sono i figli. Il maschio, in particolare, sembra irrefrenabile: per raggiungere i suoi obiettivi travolge tutto, anche la sorella. Studia, legge, pontifica, razionalizza, produce, e quando la sorellina da piccola inizia a camminare le fa dei simpatici sgambetti, non senza sganasciarsi dalle risate e conquistandosi anche la complicità della madre che certamente lo preferisce a Veronica.

Ma la madre non rinuncia al suo compito di protezione e controllo verso la figlia femmina. Quando Veronica da adolescente sta al telefono, si trova sempre la presenza della madre dietro le spalle. Quando si trova fuori casa, riceve sempre le chiamate di Francesca. Sono Francesca, cerco mia figlia. E il lettore ride, ride molto. Anche perché la scrittrice riesce a descrivere questi momenti con rara capacità di ancoraggio alla realtà e, al tempo stesso, con quella sensibilità verso il comico e il grottesco che poche persone hanno. A volte si ha la sensazione che riesca a mantenere una freddezza partecipata che la porta a guardare quello che succede senza farsi scalfire più di tanto e cogliendo il lato ridicolo delle cose. Veronica in questo modo si salva? Neanche per sogno. Veronica soffre fino al punto di voler continuamente fuggire. Tentativi goffi e maldestri, all’inizio, ma coronati da successo verso la fine. Veronica potrà andare a Berlino e lì trasferirsi per periodi più o meno brevi. Naturalmente sarà sempre rintracciata dai componenti della famiglia. Ma, da grande, passerà un periodo di convivenza con un ragazzo “locale” che si innamorerà di lei, non corrisposto.

Più oltre, il capitolo maschi gode di una riflessine a parte. Da bambina, Veronica dovrà fare i conti con l’esibizione virile di membri mostrati, in contesti diversi, da maschi adulti, a volte parenti a volte sconosciuti. Qui il grottesco è reso facile dall’enorme stupidità di questi gesti: perché lo fanno? Si chiede quasi ridendo la ragazzina.

Poi c’è il sistema di relazioni più semplice e diretto. Ma, anche in quel caso, il fidanzato “stabile” improvvisamente folgorato sulla via di Damasco diventa cattolico e trova un’altra ragazza inviatagli, più o meno, da Dio stesso. E i rapporti con la religione non finiscono qui. Senza dimenticare quanto divertenti e interessanti siano le pagine che riguardano la scuola.

Ci sarebbe ancora molto da dire intorno al libro di Raimo e della sua “personaggia”, la ragazza stitica, senza tette, insonne e con un brutto carattere. E ci sarebbe da dire ancora di più sulla famiglia che viene brillantemente così descritta in una scena poco dinamica: “mia madre e mio fratello posizionati davanti a Non è la Rai con un Cordon bleu nel piatto”. Solo il padre sembra ritagliarsi uno spazio di libertà da questa routine. Ma è una figura maschile piuttosto scontata. È uno che ama le automobili, che di fronte a un minimo problema da risolvere dice: “è un paradosso”. È un dirigente d’azienda con qualche piccolo scheletro nell’armadio.

Complessivamente, quella della protagonista viene definita come “una famiglia di ipocondriaci e letterati”. Ma in tutto questo, forse, sta il punto centrale della questione. Niente di vero è certamente un libro felicemente centrato sulla figura di Veronica. Non è un romanzo di formazione. Anche se vediamo crescere la fanciulla fino a diventare adulta. È un romanzo duro, crudele, giustamente impietoso su quello che siamo diventati. Le grandi battaglie per l’emancipazione e la liberazione sono terminate (sembrava un successo) da un pezzo. Si è affermata la consapevolezza dell’importanza di altri modelli di comportamento, di consumo e di stili di vita. Ma, nonostante i ricordi di Francesca (madre di Veronica), tutto questo sembra essere passato senza lasciare.

Non è cosa da poco. E riguarda principalmente la generazione dei quaranta-cinquantenni di oggi. Il romanzo non è dei giovani per i giovani. E molto amato da Zerocalcare il grande autore di fumetti che ha superato abbondantemente i quaranta e che, nelle varie fiere del libro in tutta Italia, firma copie per suoi coetanei e forse anche per persone più avanti con l’età.

Alla fine della lettura, dopo aver effettivamente riso tanto, ci rimane il gusto amaro di aver (ri)conosciuto un mondo che speravamo fosse stato seppellito da altre risate e da altri racconti. Evidentemente non è così. D’altra parte, per l’autrice “la memoria o è inutile o è truccata”. E su questo vale la pena interrogarsi.