Con il romanzo Scelgo tutto, Valerio Mieli ci mette di fronte a un quesito che prima o poi a tutti capita di porsi: “E se avessi scelto diversamente?” Per rispondere a questa domanda, il romanzo si sdoppia portando avanti le due possibili opzioni che il protagonista avrebbe potuto scegliere ponendo così il lettore, in pratica, di fronte a due romanzi, il che giustifica anche la corposità del tomo.
Per aiutarci a seguire le diverse narrazioni che hanno più o meno gli stessi protagonisti, il testo è impaginato in due modi diversi con un incolonnamento differente delle due storie, entrambe raccontate dal protagonista in prima persona; da una parte abbiamo il protagonista, Cosimo, che resta nel suo paese natio, sposa Sabina, la fidanzata di sempre, mette al mondo due gemelli, cerca e trova un lavoro; dall’altra, seguendo il consiglio di una donna appena incontrata durante un Festival, l’unico grande evento attorno al quale ruota la vita del paese, lo stesso Cosimo si trasferirà a Parigi dove, ritrovatala, vivrà con lei, una cantante irrisolta, più grande di lui, un po’ bohémien, che gli apre un mondo ricco d’arte e personaggi interessanti e colti. Nella vita francese Cosimo “perderà una i” e si farà chiamare Cosmo. Entrambe le vite, che paiono ben avviate, vengono interrotte da un evento drammatico per cui Cosmo rientrerà da Parigi mentre Cosimo si ritroverà giovane vedovo con due figli piccoli.
A questo punto la storia accelera, complice anche l’entrata in scena di un terzo personaggio, Giacoma, la babysitter dei bambini di Cosimo, che diverrà una terza voce narrante, anch’essa con due diverse versioni della sua vita. L’autore non risponde alla domanda se sia meglio “accontentarsi o andare a vedere un sacco di roba che c’è là fuori” perché ogni alternativa presentata non è né migliore né peggiore, ma semplicemente diversa e per questo, Mieli, sul finale del racconto delle due vite, si diverte a sparigliare le carte per cui Cos(i)mo, che ha scelto la vita avventurosa e ricca di eventi lontano da casa e da una routine prestabilita, sente la necessità di recuperare i legami familiari e di amicizia interrotti con la sua partenza, mentre il suo alter ego rimasto al paese a un certo punto sente l’urgenza di vivere in maniera diversa, di avere una vita più “sbadabam”. Questo per farci intendere che, comunque vadano le cose, ci resterà sempre il dubbio che la scelta giusta fosse l’altra, quella che non abbiamo preso.
L’autore pare dire che l’importante è essere liberi di scegliere, avere la consapevolezza di quello che si fa, sapere accettare che il futuro è sempre incerto; scegliere tutto è un’illusione e bisogna rassegnarsi al fatto che ogni vita è necessariamente incompleta. E ci ricorda che tenere tutto sotto controllo non è possibile, poiché a volte sono gli eventi stessi a decidere per noi: la morte, l’amore, gli incontri casuali possono essere snodi decisivi della nostra esistenza, sfuggono al nostro controllo, ma contribuiscono a fare di noi quelli che siamo. Non solo. Lo scrittore (nonché regista) ci riporta alla mente che le persone, anche quelle a noi più vicine, rimarranno sempre in parte sconosciute, coi loro segreti e i loro abissi; che è già ingenuo credere di essere trasparenti a sé stessi, figuriamoci agli altri; che quello che ci succede non può lasciarci uguali a prima, ci cambia e cambiando noi modifichiamo anche, in qualche modo, chi ci vive accanto; che anche le cose che ci capitano tra le mani possono avere un destino diverso a seconda di come ci muoviamo. Ogni vita è però un’avventura, sia la vita che stiamo vivendo, sia quella che abbiamo sognato.
Per tutta la lettura del libro, mi è riecheggiata in testa l’eco della canzone di Battiato La stagione dell’amore – “Ne abbiamo avute di occasioni, perdendole, non rimpiangerle, non rimpiangerle mai”– e la parte iniziale del bel film dello stesso Valerio Mieli – Ricordi? – in cui i due protagonisti, una coppia di fidanzati, raccontano in due diverse versioni il loro primo incontro a una festa, sdoppiandolo e rivelando, di lui, una visione della vita malinconica e tormentata a differenza di quella di lei, allegra, serena e positiva.