Valerio Evangelisti è morto ieri, inaspettatamente. L’ultima mail su un breve racconto di Cesare Battisti da pubblicare su Carmilla è di pochi giorni fa. Si intitola “Guerra legale”. Valerio era il direttore responsabile di Pulp Libri. Aveva accettato questa incombenza per gentilezza, ma anche perché apparteneva a una generazione che richiedeva che ognuno facesse la sua parte, che non ci si tirasse indietro quando si doveva essere utili e fare qualcosa per gli altri… per i propri compagni. Mi devo abituare a usare il tempo passato quando mi riferisco a lui e non mi sarà facile. So che è morto solo da un paio d’ore e vorrei scrivere qualcosa, tra le tante che saranno pubblicate, per esprimere l’eccezionalità del suo impegno nella scrittura e, soprattutto, nella lotta politica. Il suo impegno è stato sempre più forte e chiaro man mano che il Movimento veniva meno, e Carmilla è stata certamente l’iniziativa più difficile e scomoda che ha portato avanti con grande coraggio. Sì, se devo usare una sola parola per descriverlo direi coraggioso, in un’epoca di vigliaccheria e opportunismo, di cinismo, di falsità, di volgarità. Tutta la sua letteratura aveva un fine politico, quello di costruire un immaginario che desse voce agli sfruttati di oggi, che denunciasse le nuove declinazioni dell’ingiustizia sociale, smascherasse le strutture mimetiche usate dal potere. E il suo immaginario riusciva a riportare al centro della discussione la tradizione del socialismo, quella speranza tradita che rimane oggi l’unica via d’uscita concreta alle ingiustizie sociali che ci corrodono e ci ammalano senza pietà. Scrivo e non ho voglia di scrivere niente, certo che i lettori di queste righe sanno di lui moltissime cose, ma se c’è qualcosa di lui che vorrei in queste ore ripetere è lo slogan dell’Industrial Workers of the World “We shall be all”, che Valerio scelse per intitolare uno dei suoi romanzi.