Nulla dies sine linea. Nessun giorno senza la linea. Stampato, graffito, sulla carta da lettera dell’artista. La “elle” di linea dovrebbe scriversi, qui, in maiuscolo, così: L. Perché Valerio Adami la scova nei tempi e nello spazio del mondo nostro, avendo il disegno sempre al servizio dell’immaginazione. E la Linea parla seguendo l’attenzione del pittore mentre disegna nel tempo, nei tempi, in orizzontale e verticale, con la velocità consueta (la linea è in confidenza con Raffaello, fino alla classicità) stabilita da sempre fra la mente e la mano. E poi la parola. Che scaturisce come conoscenza tra le figure ritratte. Personaggi storici, personaggi letterari che intersecano la vita di Adami mentre insegue la forma “perfetta”. Ne ha scritto spesso, lui, della scrittura fiero amanuense, tanto che nessuno potrà mai fare a meno, davanti ai suoi quadri (d’estesa, quasi sempre, misura), di sentirsi corteggiati, posseduti, da quelle sinopie che parlano descrivendosi. Preparazione di eroi, il cui destino nei dipinti del nostro dipende anche dal suo respiro, dalla postura corretta assunta durante le sedute al tavolo. Sarà benigna la lettura del breve e indispensabile scritto presente in Disegno & confessioni, prezioso libretto uscito nel 2004 per Pagine d’Arte. Lì Adami espone quel che ha capito della vita e dell’arte, seguendo la logica della memoria al servizio del tatto. Il disegno, scrive, raffigura le emozioni, non le provoca. Nel disegno c’è il cardine della “rappresentazione di tragedia, ironia, erotismo”.
Questa esile notarella ha lo scopo di aprire lo sguardo sulla mostra al Palazzo Reale di Milano aperta in luglio (si chiuderà il 22 settembre), comprendente oltre settanta opere e molti disegni realizzati dal 1957 al 2023. Il bel catalogo Skira, curato da Marco Meneguzzo, si avvia, prima che le immagini irrompano sottolineando il loro grande formato, sulle orme fascinose della parola inseguita da un Adami amico di Tadini, Tabucchi, Paz, Calvino, Derrida, tanto per nominarne alcuni. Nelle pagine del volume sono presenti loro scritti, sempre all’insegna di singolare grazia ed eloquenza – l’ibridazione e complessità dei segni non smettono di sorprenderci, almeno quanto in V.A. (come amava siglare le sue opere) la varietà di linguaggi era costante primordiale. Dal gesto al segno preciso sarà facile, attraverso l’intro di Meneguzzo, scortare le varie fasi dell’avventura di un artista che appassiona e ha sedotto per vari anni l’attenzione dell’estensore di questi appunti, unendosi per affinità e dialoghi alle opere di Tabucchi scrittore e Tadini artista e scrittore. Visibilmente non casuale. Come e cosa dipingere, per Adami, lo si impara seguendo l’ordine dato al catalogo come viatico dei passi compiuto dal visitatore della Mostra, adattando il proprio occhio alle diverse misure di opere e luoghi. I segni grafici cambiano stando nelle stanze di un palazzo o nelle pagine di un libro. Però in entrambi i casi – passeggiando o restando fermi – i segni entreranno nel diario segreto delle persone atte alla conoscenza.
I fenomeni della realtà ci sono tutti: nella visione della verità fin dai tempi in cui a Venezia Adami adolescente conosce Kokoschka, per poi inseguire la classicità, Paesi e metropoli, regioni e villaggi, quartieri frequentati da Joyce e Pound, miti e mitologie moderne: la Grecia, l’Oriente, l’Africa di Marrakech e le Marche di Leopardi. E il grande amore della sua vita, Camilla Cantoni Mamiani, mai destino estraneo, è parente stretto di tutte le riproduzioni presenti in questo volume: l’immagine più imminente è la fotografia che svela Valerio e Camilla a Parigi, 1962, durante il viaggio di nozze. Il racconto delle linee lì è essenziale, nudo, e risonante.