Valeria Montaldi è sicuramente una delle autrici italiane contemporanee più apprezzate tra i lettori di romanzi storici. Le sue storie ambientate intorno alla metà del Duecento, spaziano dai castelli della sua amata Valle d’Aosta alle strade della Milano comunale, dai boschi del contado lombardo fino alle terre della Marca Trevigiana. I suoi personaggi si incontrano e si scontrano tra vicende di nobili, popolani, monaci, eretici, streghe e inquisitori in una connessione sottile tra passato e presente. La sua scelta per Paragrafi d’autore è caduta su Bertolt Brecht e il suo testo scritto per il musical Happy End (1929), musicato da Kurt Weill. “Surabaya Johnny” è cantata nel terzo atto ed è stata ripresa da diverse interpreti, tra cui Milva, Mina, Ute Lemper, Marianne Faithfull, Lotte Lenya e molte altre.
Non avevo che sedici anni
da lontano arrivasti quaggiù
Mi dicesti: tu vienimi dietro
D’ora in poi pensa Johnny per te
Io ti chiesi del tuo mestiere
E com’è vero che adesso son qui
Mi dicesti: lavoro nei treni
su una nave non salgo mai più
Quante parole, Johnny
non una vera, Johnny
Tu m’hai mentito, Johnny
dal primo giorno, Johnny
Oh come t’odio, Johnny
quando mi guardi così!
E smettila di fumarmi in faccia, porco!
Surabaya Johnny, sei crudele con me
Surabaya Johnny, ma ti dico di sì
Surabaya Johnny, sei crudele con me
Surabaya Johnny sono triste perché
tu non hai cuore, Johnny, ma mi piaci così!
In principio era sempre festa
finché non mi prendesti con te
Dopo quindici giorni soltanto
non ti andava più niente di me
Ora vivo sul lungo fiume
passeggiando ogni notte su e giù
se mi guardo allo specchio mi vedo
come avessi quarant’anni o anche di più!
Non era amore, Johnny, tu volevi i soldi, Johnny
e io pendevo, Johnny, dalle tue labbra, Johnny!
Volevi tutto, Johnny, e io ti ho dato di più!
E smettila di fumarmi in faccia, porco!
Surabaya Johnny, sei crudele con me
Surabaya Johnny, ma ti dico di sì
Surabaya Johnny, sei crudele con me
Surabaya Johnny sono triste perché
tu non hai cuore, Johnny, ma mi piaci così!
Tu lo sai, non te l’ho mai chiesto
Surabaya che cosa vuol dir
Ma per gli altri era chiaro quel nome
Lo si da solo a gente di mar
Credi forse che non lo sappia
Prima o poi qualche nave verrà
Sentirai la sirena fischiare
E in silenzio per mare scapperai
Tu non hai cuore, Johnny, tu sei un vigliacco, Johnny
tu te ne vai, Johnny e dimmi perché, Johnny
eppure io t’amo, Johnny
come il primo giorno, Johnny
e smettila di fumarmi in faccia, porco!
Surabaya Johnny, ma ti dico di sì
Surabaya Johnny, sei crudele con me
Surabaya Johnny sono triste perché
tu non hai cuore, Johnny, ma mi piaci così!
(“Surabaya” – Bertold Brecht, 1929)
È facile affidarsi alle parole, bastano talento e intelligenza. Più difficile è farle coincidere con i fatti. In questa famosissima composizione, Bertolt Brecht dà voce a una figura di donna delusa dall’uomo in cui credeva. Disperata, gli rinfaccia menzogne e lusinghe, gli sputa in faccia la verità, lo insulta. E nonostante tutto, lo vuole ancora. Nessuna ribellione, nessun rifiuto, solo tristezza e rimpianto.
Sono passati novant’anni da quando Brecht ha scritto questi versi e noi, indotti dal suo indubbio valore, crediamo che abbia voluto stigmatizzare un’inaccettabile condizione femminile. Purtroppo però, come talvolta accade, l’uomo che si cela dietro il poeta non corrisponde alla realtà che descrive: è cosa nota che Brecht fosse un donnaiolo senza scrupoli, che abbia avuto molte amanti e che le abbia spesso minacciate.
Chissà, forse senza rendersene conto, in “Surabaya Johnny”, ha parlato di se stesso. L’ammirazione che nutro verso la sua produzione letteraria e la sua capacità di scavare a fondo nell’animo umano mi inducono a pensare che Brecht fosse più che consapevole delle proprie azioni. E se con questi versi, avesse inteso renderle pubbliche? E se fosse davvero così, chi può dirci se si sia trattato di una confessione o di un’arrogante professione di maschilismo? Non lo sapremo mai.
Valeria Montaldi è nata a Milano, dove ha seguito gli studi classici e si laureata in Storia della Critica d’Arte. Dopo una ventina d’anni di giornalismo, nel 2001 ha esordito nella narrativa con il Mercante di lana (Piemme, 2001; Rizzoli, 2011), a cui sono seguiti Il signore del falco (Piemme, 2003), Il monaco inglese (Rizzoli, 2006), Il manoscritto dell’imperatore (Rizzoli, 2008; Fabbri, 2011), La ribelle (Rizzoli, 2011), La prigioniera del silenzio (Rizzoli, 2013), La randagia (Piemme, 2016), Il pane del diavolo (Piemme, 2018). Il suo esordio era avvenuto con il saggio Storia di Piazza San Babila, pubblicato dall’editore L’agrifoglio.