Valeria Luiselli, una delle giovani autrici più apprezzate della letteratura messicana contemporanea, torna in libreria in Italia per La Nuova Frontiera che, a dieci anni dalla sua prima uscita, ripubblica Volti nella folla, il suo “romanzo silenzioso per non svegliare i bambini”, che intreccia la vita della narratrice a quella dell’oscuro e romantico poeta Gilberto Owen, la cui esistenza ha incrociato quella di García Lorca, di Duke Ellington e che ha tradotto Emily Dickinson.
La trama, o meglio, le trame che narrano i destini a volte incrociati dei protagonisti, dipanano i propri fili in maniera irregolare e frammentata cogliendo di volta in volta quell’eccezione alla regolarità di vite altrimenti ordinarie, pur nel loro caos interno, creando il perfetto contesto per l’esplorazione di domande complesse, molte delle quali hanno a che fare con la letteratura e con il suo ruolo nella vita di oggi, con il suo intersecarsi a volte goffamente con le incombenze quotidiane e con il prosaico avanzare degli eventi. La protagonista è una giovane donna che vive a Città del Messico con i due figli piccoli e un marito architetto che forse la tradisce; nel tempo sospeso della maternità ripercorre la sua vita da ragazza a New York, tra abitazioni precarie, amicizie eccentriche, un lavoro in una piccola casa editrice e la passione per la poesia, che la porterà al grande incontro con l’opera di Gilberto Owen.
Quante vite ci stanno in un romanzo? Quanti romanzi in una sola vita? Il ritmo sostenuto della prosa di Luiselli provoca una sorta di spaesamento nel lettore, che attraverso una narrazione apparentemente piana e ben ancorata alla realtà descritta si trova immerso senza preavviso nello scarto delle possibilità. Le molteplici incursioni della letteratura nella vita di tutti i giorni, e viceversa, creano un universo in cui è facile smarrirsi, confondendo il reale e l’immaginario, la finzione e l’inganno, l’originale e la traduzione.
Il tema linguistico, per Luiselli che in prima persona vive tra due mondi, due culture e due lingue, si presenta in effetti nel romanzo sotto molteplici forme, che si intrecciano tra loro a vari livelli di profondità, dando vita a un’indagine sulla reale possibilità di comunicazione tra esseri umani. La prima ha a che fare in modo diretto con la traduzione: nel libro la narratrice si scontra con i rischi insiti nel trasferimento della poesia da una lingua all’altra, insidie che nel romanzo non hanno solo risvolti letterari, ma sfiorano la truffa. La traduzione è sempre dunque un tradimento? La comprensione dell’altro passa inevitabilmente da un furto e da un’appropriazione di identità di ciò che, per trasmettere, dobbiamo necessariamente fare più nostro? O è possibile accostarsi alla diversità rispettandone i limiti che non conosciamo? Dal piano letterario queste stesse domande si traspongono, nell’opera di Luiselli, sul piano umano, in primo luogo all’interno della coppia, dove ogni scambio appare, a dispetto della naturalezza anche corporea degli anni della giovinezza, il risultato di un meditato compromesso, una mossa studiata per avanzare le proprie pretese senza al contempo ferire troppo l’atro. Ferirlo forse un po’, ma evitando per quanto possibile lo scontro frontale.
Lo scacco matto, d’altra parte, è sempre in agguato e la catastrofe può affacciarsi alla porta della cucina in ogni momento. L’unica possibilità di scampo risiede, forse, nell’arma più potente che Luiselli utilizza in modo affilato e senza abusi lungo tutto il romanzo, ed è la sua sapiente ironia, che illumina di sbieco i dialoghi e le riflessioni, creando un ponte tra la profondità della riflessione e la leggerezza di un sorriso che nasce dall’inaspettato accostarsi di una metafora ben riuscita, di una breve frase lucida che coglie l’attimo esatto che immortala uno stato d’animo passeggero, di un aggettivo che sposta la nostra attenzione e crea il vuoto necessario al dubbio. Di chi era il volto che le appariva in metropolitana per poi confondersi nella folla? Solo un fantasma o, forse, uno specchio.
Valeria Luiselli su “Pulp Magazine”