Ivan Efremov. Utopia remota

Ivan Efremov, La nebulosa di Andromeda, tr. Milly De Monticelli e Filippo Frassati (non accreditati), Jouvence, pp. 374, euro 18,00 stampa, euro 12,99 epub

Jouvence Editore ristampa il più fortunato tra i romanzi di Ivan Antonovič Efremov (1908-1972), scienziato russo tra i migliori scrittori di fantascienza sovietici. La prima edizione italiana risale al 1960, tre anni dopo l’uscita in lingua originale, traduzione di Rino dal Sasso per Editori Riuniti – incomprensibilmente nella collana “I narratori del realismo” (!); il titolo scelto era ancora meno comprensibile, Viaggio nell’antispazio. Nello stesso anno il romanzo apparve anche nell’Universale Economica Feltrinelli, con il titolo tradotto correttamente; quattro anni dopo, una selezione di una decina di pagine viene ripubblicata dallo stesso editore con il titolo “L’amore creativo” in Fantasesso, antologia a cura di Alex Vairo che riuniva scrittori da tutto il mondo. Sinceramente, non so quali pagine abbiano potuto scegliere, dal momento che in questo romanzo c’è molta interazione sentimentale tra personaggi, ma parlare di sesso mi sembra una forzatura. Comunque, parliamo dell’Italia degli anni Sessanta.

L’edizione Jouvence di oggi ricalca sostanzialmente quella Feltrinelli; anzi è proprio quella, dal momento che si tratta di una copia anastatica, prefazione di Efremov compresa: se volete prendervi la briga di controllare, ha lo stesso numero di pagine dell’edizione degli anni Sessanta postfazione di Davide Rossi esclusa. Non è un caso che quest’ultima sia stampata con un carattere diverso (per inciso, il carattere originale è molto bello e preciso, e sollecita persino una punta di nostalgia).

Di formazione e vocazione paleontologo, Efremov prima di essere scrittore fu addirittura iniziatore di una nuova scienza, la tafonomia, che studia la formazione dei fossili. Mentre scrive il trattato scientifico, che gli varrà il conferimento del premio Stalin oltre che una certa fama in Urss, si diletta a scrivere romanzi e racconti di fantascienza che richiamano l’attenzione di Aleksei Nikolaevič Tolstoj – lontano parente del più famoso Lev e scrittore di successo, noto soprattutto per Aelita, la lotta di classe “esportata” sul pianeta Marte, che gli dette grande notorietà grazie alla trasposizione cinematografica degli anni Venti.

Per certi versi, il romanzo La nebulosa di Andromeda potrebbe essere considerato una risposta positiva e filo-scientista alle grandi anti-utopie (ma oggi si chiamano distopie) del secolo: Noi di Evgenij Zamjatin, 1984 di Orwell e Il mondo nuovo di Aldous Huxley. Naturale quindi che Efremov scelga la forma dell’utopia, condita con una punta di avventura spaziale. La storia è ambientata in futuro piuttosto remoto, nel quale il socialismo si è affermato su tutta la terra, e l’umanità muove all’esplorazione del cosmo. In realtà è già in contatto con altre civiltà extraterrestri grazie all’Anello, un metodo di comunicazione a velocità-luce.

La parte più interessante è quella che racconta la vita il una società nella quale è stata abolita ogni disuguaglianza materiale tra gli individui: tutti sono in grado di perseguire il proprio sviluppo personale senza restrizioni. I protagonisti sono giovani scienziati, atleti, artisti animati da ideali di fratellanza, abnegazione, curiosità scientifica. Alcune invenzioni sono allettanti, senza riscontri nella fantascienza coeva: per esempio l’Accademia del Dolore e della Gioia, che si occupa della “vita sociale, della contabilità di gioie e dolori della vita nei singoli, dell’indagine sul dolore secondo classi di età. E poi dell’analisi diacronica delle variazioni di dolore e gioia, secondo le tappe dell’evoluzione storica dell’umanità.”

La donna sembra avere un posto di parità effettiva, anche se Efremov ricade nel pregiudizio storico di ritenerla più a suo agio nelle situazioni sentimentali. Non la esclude dall’ambito delle professioni scientifiche, ma in un modo o nell’altro i suoi numerosi personaggi femminili conservano sempre un ricordo di non-razionale che, è vero, li rende narrativamente più interessanti.

La nebulosa di Andromeda è un classico della fantascienza, dimenticato in parte per ragioni ideologiche, in parte perché soggetto a precoce obsolescenza. Il futuro senza ombre che descrive è allettante ma anche un po’ anodino. Non c’è da stupirsi se sia rimasto nell’oblio per decenni, mentre i suoi “allievi”, i fratelli Strugackij, vengono di tanto in tanto ristampati in edizioni che ne ravvivano la fama in un (non troppo) folto seguito di estimatori; ma tra il primo e gli altri due c’è la stessa differenza che passa fra uno scrittore con fervida immaginazione e uno scrittore con lo stesso talento, al quale si aggiunge però un lato oscuro che è l’ingrediente essenziale della grande letteratura.