Un’anima capace del sacrificio estremo

Grazia Pulvirenti, Non dipingerai i miei occhi, Editoriale Jouvence, pp. 144, euro 12,00

Scandito in brevi paragrafi che come in un dramma classico attraversano i cinque tempi del romanzo (“Preludio”, “Un angelo dal volto severo”, “Più forte che la morte”, “L’eco del silenzio”, “Epilogo”) e che corrispondono a quadri, disegni e fotografie di cui la maggior parte di essi porta il titolo, realizzati dagli artisti che affollano la Parigi di inizio Novecento, la collina “comunarda e popolosa” di Montmartre: questo libro che racconta, come recita il suo sottotitolo, la Storia intima di Jeanne Hébuterne e Amedeo Modigliani, realizza un piccolo miracolo, ovvero rende superflui quei quadri, quelle immagini, e li sostituisce con parole. Non nel senso che li descrive: non è un’operazione meccanicamente ecfrastica, quella compiuta da Pulvirenti, ma piuttosto interpretazione, restituzione di un senso che approfondisce nel tempo e nello spazio ciò che le immagini hanno fissato in un momento immobile.

È così che l’autrice, una studiosa di letteratura tedesca al suo esordio nella narrativa dopo aver pubblicato nel 2017 una prima silloge poetica sulla rivista Soglie, trova la chiave per dare nuovo fiato a una storia, quella di Jeanne Hébuterne, già nota e forse perfino un po’ logora, inseguita (invero finora quasi sempre un po’ invano) da opere tanto saggistiche quanto narrative e cristallizzata nel cliché della donna colta, sensibile e bella messa in ombra dalla colossale preponderanza dell’uomo di cui ha la ventura di innamorarsi e al quale finisce per immolare la propria vita. Jeanne Hébuterne e Amedeo Modigliani divengono così un palinsesto per una situazione archetipica, perfino scontata: eppure, nell’intrecciarsi tra immagini dette e poi prodigiosamente animate, sul filo di una scrittura densa ed evocativa, quasi figlia di altri tempi, i tempi in cui la storia si svolge, i personaggi – e quello di Jeanne in particolare, alla quale nei capitoli centrali Pulvirenti presta la propria voce, narrando in prima persona – prendono plasticamente vita e ci restituiscono il loro senso.

C’è un lavoro di studiosa, di storica, di conoscitrice dell’arte, dietro lo sprofondarsi nel complesso labirinto interiore di questa biografia romanzata, e c’è la sensibilità di una scrittrice che si proietta in un’anima capace del sacrificio estremo, registrandone le vibrazioni più sottili, gli esplosivi sussulti, le esaltazioni e gli strazi. Indirettamente, Pulvirenti tematizza un rimpianto: quello che Jeanne non abbia scelto di vivere, che abbia preferito trarre le estreme conseguenze dall’amore per il suo uomo e trasformarsi in “Angelo della morte” – di una triplice morte: di Modigliani, sua e del bambino che portava in grembo –, condividendone il destino nell’autoannientamento, e non abbia piuttosto ritenuto possibile di celebrarne la grandezza e il suo stesso amore vivendo. Ma in questo modo ha lasciato agli altri il compito di raccontarla, la sua vita, e perciò – e per fortuna – abbiamo questo libro.