Ali Smith / Una sinfonia di parole

Ali Smith, Inverno, tr. Federica Aceto, Edizioni SUR, pp. 278, euro 17,50 stampa

Può essere spiazzante leggere un romanzo di Ali Smith, scrittrice scozzese di grande talento, quattro volte finalista al Booker Prize. Nel raccontare le sue storie, Smith non segue un andamento lineare, non accompagna per mano il lettore dall’inizio alla fine, ma scardina le regole convenzionali della narrazione classica per seguire un suo metodo particolarissimo e ogni volta diverso. Eppure, una volta che ci si immerge senza pregiudizi nel flusso del racconto, allora Ali Smith diventa una rivelazione.

Succede con il romanzo Inverno, ora pubblicato da Edizioni SUR, il secondo di una quadrilogia dedicata alle stagioni, iniziata nel 2018 con Autunno, che proseguirà con Primavera, ancora inedito in Italia, e, infine, con Estate.

A Seasonal Quartet, un quartetto di stagioni: quattro romanzi per quattro stagioni differenti e quattro storie diverse tra loro (la “moda” delle saghe, dove è necessario leggere i libri in ordine di uscita dal primo all’ultimo, altrimenti non si capisce nulla, non è, per fortuna, il nostro caso). Il quartetto ci ricorda qualcosa di musicale ed è così che la scrittura di Ali Smith può essere definita: musicale, per il ritmo, per la scelta delle parole, per le immagini e le emozioni evocate.

Protagonista di Inverno è Sophia, un’imprenditrice di successo in pensione, dopo aver sacrificato tutto alla carriera. Si trova nella sua grande casa in Cornovaglia, alla vigilia di Natale, dove verrà raggiunta dal figlio Arthur, detto Art, collaboratore di un ufficio legale e autore di un blog di nature writing, e dalla sorella Iris, la ribelle della famiglia, impegnata politicamente, che Sophia non vede da trent’anni. Il romanzo si apre con la scena surreale di una testa di infante che fluttua nel campo visivo di Sophia e che aleggerà su tutto il romanzo come un nume tutelare; una protezione, forse, o un monito per ricordare che ogni azione porta a delle conseguenze.

Questo è un omaggio alle leggende locali della Cornovaglia, ma soprattutto al racconto di Natale per eccellenza, A Christmas Carol  di Charles Dickens. Come quello di Scrooge, infatti, anche il Natale di Sophia – che è, in realtà, una “Scrooge” dei nostri giorni –  è un momento di riflessione sugli errori del passato, su quello che il presente ci offre e ciò che ci aspetta in un futuro ancora da vivere. Nei tre giorni che trascorreranno insieme, Sophia, Art e Iris si incontrano, scontrano, parlano, discutono, confrontano sensibilità, ideali, visioni del mondo opposte, ricordi di un passato che ha lasciato i suoi segni. Con la consapevolezza che, alla fine, bisogna sempre fare i conti con ciò che resta.

Al trio, si aggiunge un quarto elemento (ecco ancora il linguaggio musicale): Lux, una studentessa croata che Art ha appena conosciuto e che presenta come sua fidanzata – quella vera lo ha appena lasciato dopo un litigio. Lux è il corpo estraneo che “porta la luce”, come è evocato dal suo nome e l’unica in grado di riportare l’armonia in famiglia.

Tra riferimenti all’attualità (la Brexit, i cambiamenti climatici, i migranti), omaggi alla letteratura (oltre a Dickens anche Shakespeare) e all’arte britanniche (Barbara Hepworth, grande scultrice inglese del Novecento, è una presenza costante in tutto il romanzo), Ali Smith ci regala un romanzo magico e nuova esperienza della sua strabiliante scrittura.

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