I sistemi di numerazione nel mondo possono fondare il potere immaginativo degli uomini, o almeno di una loro parte, e quanti varcando la soglia della scuola elementare si ritrovano intimoriti da quei numerini che non sembrano finire mai? E che s’incrociano, secondo i programmi scolastici e alcuni educatori legati al passato, con cassette ricolme di frutta? Le stesse pere e mele, viste fino ad allora sulla tavola delle cucine casalinghe, improvvisamente assumono significati reconditi e in qualche modo equivalenti ai segni tracciati sulla lavagna. Simboli, nient’altro che simboli, ma quanto hanno modificato per tutta la vita il nostro modo di vedere il mondo. La natura arcana di certi concetti, come “unità” e “coppia” si sviluppa in quei momenti dell’infanzia e ci accompagna fino alla morte. Le lingue indoeuropee, ci spiega John D. Barrow in questo straordinario libretto (che nella prefazione annuncia come “mio ultimo” purtroppo per lui e per il mondo della scienza), hanno trovato un modo semplificato (altrimenti sarebbe impossibile) di descrivere quantità enormi da enumerare fisicamente. Tipico esempio è la suddivisione dei numeri di telefono mediante uno spazio o un trattino.
Dai piccoli numeri ai grandi numeri non stupisca l’affabilità – a tratti simpaticamente visionaria – con cui Barrow affronta l’abilità del cervello di apprendere precocemente le cose, come fossero già “cablate” (seguendo le idee già note di Noam Chomsky), per poi approdare alle difficoltà dell’età matura. Questo perché lo scienziato segue i suoi numeri lungo il corso evolutivo dei popoli e gli attraversamenti delle lingue e gli idiomi. È un carattere universale che fa riflettere sulle nostre origini e infine ci consente (dovrebbe consentire ai più) di stabilire quanto gli uomini siano primitivamente uniti nel “contare”. Tutti possiedono dieci dita, e tutti usano parti del loro corpo per quest’attività, compresi polsi, gomiti, piedi e caviglie. Tutte le combinazioni portano ai curiosi modi espressivi inventati dai diversi popoli, all’unico scopo di coordinare e dare un senso alla numerazione. Scopo evidentemente pratico, ma che porta verso vette inaspettate di filosofia e morale. Un contatore con le sue basi regola il tempo, quindi le attività umane, il sonno e la veglia, la quantità d’amore regalata agli amati, e il lavoro della società.
Barrow non disdegna l’allungarsi verso certe nozioni quantistiche, parlandoci degli stati del mondo e delle quantità di informazione, ma evita banalizzazioni speculative oggi di gran moda: la matematica, semplice o complessa che sia, mai abbandona la pagina e dobbiamo stare attenti a non perdere il filo. È ciò che lui vuole, l’attenzione sempre vigile di menti ben salde sul terreno. In fondo sono pur sempre i piccoli numeri a governarci, quell’1 e quel 2 (1+1) che stuzzicano e giocano a rimpiattino con la nostra impaziente logica. Ma, come dice spesso Chiara Valerio, “per studiare matematica, bisogna solo studiare”: si tratta di un’idea semplice ma di idee semplici si è nutrito il mondo quando era mondo, e aveva ricette che gli hanno impedito il collasso. In questo libro ci sono interi capitoli dove la storia dei matematici irrompe con rigore e vigore, ma bisogna temperarsi e temprarsi agli ordini temporali che mutano a seconda delle civiltà. Gli extraterrestri del film Arrival di Denis Villeneuve (Barrow non manca di citarne la bellezza) però non usano il tempo (da loro ignorato) per definire un linguaggio esotico che Amy Adams (nella pellicola interpreta il personaggio della linguista Louise Banks) deve per forza decifrare affinché l’umanità possa accettare il dono che quegli esseri le affidano. I loro messaggi includono tutto il nostro passato e il nostro futuro: è questo il dono. Si vede bene cosa comporta la “definizione dei numeri” nel multiforme pianeta delle lingue e la consapevolezza della mente nei riguardi della realtà. Le astronavi aliene ripartono all’improvviso, così com’erano giunte, ma il mondo degli umani ora ha qualcosa in più. John D. Barrow se ne va per sempre il 26 settembre 2020, questo è l’ultimo lavoro atterrato nei nostri pressi al seguito di una quantità di studi sull’origine e il destino dell’universo: necessaria l’esistenza del nostro matematico e cosmologo, così come necessaria deve per forza essere la realtà, altrimenti non saremmo qui.