Guido Giannuzzi, Gli ombrelli di Satie, Ogni uomo è tutti gli uomini Edizioni, pp. 58, euro 12,50 stampa
“Un ombrello è un ombrello è un ombrello è un ombrello”.
Lo scrive l’autore, parafrasando Gertrude Stein, a proposito della mania di Satie di accompagnarsi sempre con un ombrello al braccio. Ed è l’ombrello, declinato come oggetto di culto, trasgressione e stile, il vero protagonista di questo libro. Si tratta di un omaggio a Erik Satie, ma è l’epoca a prendere la scena. Surrealismo, Dadaismo, Psicanalisi, Futurismo, scoperchiarono quel vaso di Pandora che è la mente umana, generando uragani. Il quadro in copertina – Le vacanze di Hegel di René Magritte – potrà ripararci dalla tempesta artistica del primo Novecento? Tra le pagine si incontrano di André Breton, Max Ernst, Sigmund Freud, Arnaldo Ginna, Man Ray, Salvator Dalì, Stefan Zweig, Francis Picabia, Marcel Duchamp, J. K. Huysmans, Renè Clair, Jean Cocteau, e molti altri portatori di pioggia.
È noto che Satie fosse un eccentrico. Ma non un tipo squillante. Piuttosto un signore serio e asciutto, nel vortice chiassoso delle avanguardie. Se pioveva, riparava il suo ombrello dentro il cappotto, e una volta che lo aveva dimenticato disse “Devo aver dimenticato l’ombrello. Sarà preoccupato di avermi perso”. Gymnopédiste di professione, come si definì, era considerato dai suoi colleghi un compositore troppo autodidatta, semplice. Quindi, all’età di 39 anni, in barba alla sua naturale controtendenza, si iscrisse alla Schola Cantorum, la più seria delle accademie, dove serissimamente studiò la tradizione. Nel frattempo scriveva canzoni per i café-chantant – come non citare la bellissima “Je te veux” – e indossava sempre lo stesso abito di velluto marrone (ne aveva sette identici), mangiando solo cibi bianchi. Le opere citate nel libro sono tante, ne vediamo qualcuna.
De La Piège de Méduse, Satie scrisse sia testi che musica. È la prima composizione per pianoforte “preparato”. Significa che tra le corde vengono inseriti oggetti, che modificheranno il suono. Cage suonò questo pezzo e ne trasse ispirazione. Non poteva non amare Satie, la sua essenzialità, il suo amore per i vuoti.
Parade, su libretto di Cocteau e scene di Picasso, fece lo scandalo che era stato previsto.
I Tre pezzi in forma di pera, per pianoforte a quattro mani, rispondono alla perplessità di Debussy, circa la necessità di comporre musica con una chiara struttura formale.
Vexations, è un lento corale al pianoforte, che dura dalle nove alle ventiquattro ore. Il tema viene ripetuto 840 volte. I pianisti si alternano. È stato anche suonato da un solo pianista, che ha poi riportato complicazioni.
Per quanto riguarda “La musica come soprammobile”, teorizzata nell’imperdibile Quaderni di un mammifero (Adelphi, 1980) Satie non ha sicuramente previsto quanto il suo gioco sarebbe stato distorto.
Una musica fatta affinché nessuno la ascolti, oggi è ovunque, e ha preso la dimensione di un abuso.
Le ultime pagine del libro sono una pioggia di documenti storici e pensieri liberi sull’arte della demistificazione, che a quanto pare ricorre sempre – con linguaggi diversi – sotto la certezza di un ombrello.