Con Onori, Rachel Cusk, scrittrice canadese da tempo residente nel Regno Unito, conclude quella che è considerata a tutti gli effetti una trilogia, iniziata nel 2014 con la pubblicazione in Inghilterra di Outline (arrivato in Italia per Einaudi nel 2018 col titolo di Resoconto) e proseguita nel 2016 con Transit (Transiti, sempre pubblicato da Einaudi nel 2018).
The Outline Trilogy, come è stata da molti chiamata, oppure la Trilogia di Faye, dal nome della sua protagonista, ha avuto una notevole risonanza mondiale, dovuta al fatto che con questi romanzi Rachel Cusk ha trovato un modo nuovo e innovativo di dare voce al suo personaggio, incarnazione letteraria dell’autrice. La trilogia entra, a tutti gli effetti, in quella serie di romanzi cosiddetti di “autofiction”, una modalità letteraria apprezzata in questi ultimi anni anche da altri autori, come il norvegese Karl Ove Knausgård o la statunitense Sigrid Nunez.
Faye è una scrittrice matura, divorziata, madre di due figli, risposata, un alter ego di Rachel Cusk, con le dovute differenze. Faye non emerge al di sopra degli altri personaggi nei romanzi della trilogia, si interpone tra loro e il lettore, fa da tramite affinché le storie che vogliono raccontare arrivino direttamente a chi legge.
Faye parla poco, il suo nome viene nominato solo tre volte in tutta la trilogia, lascia filtrare alcune notizie di sé, della sua vita, quando risponde alle rare domande dei suoi interlocutori, che sono più che altro concentrati sul racconto delle loro esperienze; o quando, negli interludi tra un incontro e l’altro, ha il tempo per pensare a sé, per rispondere a una telefonata di un figlio, per riflettere sul suo mondo, quello degli scrittori, che è il mondo in cui si immerge pienamente il terzo romanzo.
Onori inizia, come il primo libro, su un aereo. Faye si sta recando a un festival letterario di una città di un imprecisato paese dell’Europa meridionale, che potrebbe benissimo essere l’Italia. Nel sedile accanto al suo siede un uomo, che, dopo pochi convenevoli, inizia a parlarle a ruota libera della sua vita, quasi senza inibizioni, come spesso succede di fronte a un estraneo che siamo sicuri di non rivedere mai più. L’uomo le parla del suo lavoro, della sua famiglia, la moglie, i figli adolescenti; le confida i suoi dubbi, le sue incertezze, i sensi di colpa.
Questo è solo il primo di una serie d’incontri che capitano a Faye durante il suo tour letterario. Alcuni sono nuovi incontri, altri vecchie conoscenze, come l’amico scrittore Ryan, che la protagonista aveva già incrociato nel primo romanzo e che qui trova fisicamente cambiato al punto da faticare a riconoscerlo.
Quasi tutti i personaggi di Onori appartengono al mondo dei libri, sono scrittori, editori, giornalisti; quello che più li accomuna, però, non è tanto il loro lavoro, quanto la voglia di parlare di sé. Appena incontrano Faye, le si aprono candidamente, come si potrebbe fare all’interno di un confessionale, solo che qui non c’è giudizio o assoluzione. Faye ascolta, a volte incoraggia quando il suo interlocutore sembra tentennare, restando sempre al di sopra del racconto, mai giudicando o intervenendo a sproposito, lasciando scorrere questi lunghi dialoghi che si trasformano in monologhi, dove Faye assume il compito che è dell’autrice: far parlare i personaggi, raccontare le loro storie.
Questo è il romanzo: un racconto dei nostri tempi, ma in una forma diversa e innovativa. Nell’epoca dei social, dove siamo abituati all’esposizione, al mostrarsi in modo spesso superficiale, per dare l’idea di un successo e di una popolarità basata sull’immagine bella e vincente, Rachel Cusk si chiude all’interno, nell’intimità di sentimenti che sono tutt’altro che “glamour”, ma che stanno alla base delle nostre relazioni e delle nostre esistenze.
I personaggi di Cusk parlano di felicità, amore, incombenze quotidiane, mariti, mogli, figli, genitori, drammi piccoli e grandi e il modo di superarli, divorzi e riconciliazioni.
Un microcosmo di umanità, ognuno rappresentante di diverse espressioni di fallimenti o successi, ma tutti con la stessa voglia di raccontarsi e di andare avanti.
Anche i luoghi sono privi di fascino, asettici o addirittura brutti, degradati, trascurati, privati del loro nome per diventare simbolo universale della nostra società, sono luoghi “nostri”, che ci parlano anch’essi del nostro modo di vivere.
Onori è un romanzo senza una trama vera e propria, è un racconto intimo di sentimenti. Per questo è un romanzo importante. Rachel Cusk ha la straordinaria capacità di portarci esattamente dove dobbiamo andare, cioè verso la nostra parte più intima.
In alcune interviste, la scrittrice ha dichiarato che la trilogia si interroga sulla nostra necessità di raccontarci, sul viaggio che vogliamo percorrere durante la nostra vita, dove siamo stati e dove siamo diretti, e se abbiamo imparato qualcosa dalle esperienze fatte.
Un resoconto, appunto, della nostra esistenza.
E, a proposito di titoli, l’originale di Onori è Kudos, un sostantivo che deriva dal greco antico e significa gloria, fama, nel senso di riconoscimento pubblico. Il termine è entrato nella lingua parlata inglese e viene usato in riferimento ai buoni risultati raggiunti in ambito lavorativo. Uno dei personaggi incontrati da Faye, Hermann, durante il suo monologo, spiega di un premio che ogni anno il college che frequenta conferisce allo studente e studentessa migliori. Dice a Faye: “il termine greco kudos […] significava, letteralmente, onori, ma nella sua forma originale indicava il concetto più ampio di apprezzamento o elogio.”
E di onori Rachel Cusk è stata omaggiata ampiamente, e ancora ne riceverà, per aver contribuito a creare una nuova forma di romanzo contemporaneo, che travolge e coinvolge, rivoluzionando i canoni classici e provocando nel lettore un impatto emotivo così forte che sarà difficile da dimenticare.