Nell’esplorazione del sottobosco letterario portata avanti dalla rubrica Libri merdavigliosi, le nostre proposte si sono concentrate su tre tipologie di opere: libro trash orrendo; libro trash di qualche interesse (vuoi per ragioni di particolare bruttezza, vuoi per altre qualità intrinseche al testo); libro meritevole, ma scaturito da contesti extraletterari (come il mondo dello sport, dello spettacolo o dei social network). Per certi versi quest’ultima categoria non poteva che racchiudere quelle che sono quasi eccezioni, considerato il livello medio delle opere recensite nella rubrica. Nondimeno L’insostenibile leggerezza del governo del cambiamento rientrava pienamente in questa tipologia. Questo è anche il caso del primo libro di Valerio Lundini, Era meglio il libro, pubblicato recentemente da Rizzoli Lizard.
Per chi non conosce il personaggio: in breve, è una delle pochissime ragioni che giustificano i soldi del canone RAI. Comico e autore televisivo e radiofonico, è da poco ritornato sul piccolo schermo con la nuova stagione di Una pezza di Lundini su Rai 2, in collaborazione con un altro autore comico dal buon profilo letterario, Alessandro Gori.
La comicità di Lundini viene spesso definita surreale, ma ciò è riduttivo e fuorviante. Il materiale di partenza è il mondo reale ed è sempre presente una tensione satirica sottile sottostante che non risparmia nessuno, facendosi beffe anche del politicamente corretto – pur senza sfociare mai nello sfottò qualunquista. Se proprio bisogna associare un aggettivo, si potrebbe azzardare “perturbante”: una versione avantpop di Totò, con un gran lavoro sul linguaggio alla base. Più che il solito libro di barzellette del comico di avanspettacolo, questa raccolta di sketch di Lundini richiama quasi virtuosismi a metà strada fra l’OuLiPo e i Monty Python, come nel caso del palindromo più lungo del mondo o di altri divertenti esercizi di stile. Sono così esplorate diverse tipologie testuali, dalla chat sullo smartphone ai giochi della settimana enigmistica, passando per le voci di un dizionario dei film compilate da un critico che non supera mai i primi cinque minuti di visione. Il dettaglio enciclopedico, il gusto per l’ossimoro e l’ovvietà assurda, nonché la decostruzione delle consuetudini linguistiche della vita quotidiana, sono tutti elementi che l’autore accumula fino alla chiusura nella punch line finale, spesso disarmante e imprevista.
Valerio Lundini, nel libro come sul palco, appare sempre distaccato e in pieno controllo del suo materiale, spostandosi agevolmente dal basso corporeo alle speculazioni filosofiche. Anche le inevitabili rotture metaletterarie della quarta parete, necessarie a raccordare i vari racconti (inediti o meno) che costituiscono il libro, sono risolte dall’autore in modo originale.
Nonostante alcuni racconti non siano di buon livello, il libricino si legge in un fiato e i momenti alti sono sufficienti a ripagare la lettura. Oltre a quanto accennato, per farsi un’idea ulteriore si rimanda all’esibizione dal vivo di Lehmm… Liverpul, uno dei pezzi più rappresentativi della raccolta. Anche se la comicità dell’autore non è sicuramente per tutti i palati, Era meglio il libro possiede comunque una certa dignità letteraria che lo rende di gran lunga preferibile a una silloge di liriche pretenziose o a un polpettone di romanzo: perlomeno fa ridere.