Questo racconto, o articolo che sia, dovrebbe cominciare con un “la prima volta che ho incontrato Andrea”. Oppure: “io e Tuono…”. Ma sarebbe ingeneroso, perché non vorrei scrivere un testo “in memoria di”, ma un testo critico sul suo lavoro. Peccato che sia molto difficile senza tirar fuori qualche aneddoto, ma per fortuna non sono mai stato un suo grande amico per cui non ho molta aneddotica da utilizzare. E, a proposito di amici, bisogna iniziare dai SuperAmici. O dovrei parlare dello sviluppo dei Super amici, i Fratelli del Cielo? Direi di no: meglio essere semplici.
Quando I SuperAmici sono piombati nel panorama del fumetto italiano è stato, con le dovute distanze generazionali, come se fosse finalmente arrivato qualcosa di compatto, una idea di gruppo con una nuova estetica e un modo tutto personale di concepire questo media. Dopo decenni di individualismi, ecco un gruppo di personalità singole, diverse, eppure tutte coese rispetto a un’idea di utilizzo del fumetto, in totale “alterità” rispetto al passato.
Anche le personalità che lo componevano avevano un aspetto fisico e tutta una aneddotica che faceva di loro corpo unico con la parte creativa. Al posto della Rockstar Pazienza, dei cartoon folli di Mattioli, della velenosità tossica di Scozzari di Tamburini e il segno muscolare e michelagelunderground di Liberatore avevi la tenera cattiveria di Maicol e Mirko, l’umanità malandata e aliena di Ratigher, la sensibilità post-manga di LRNZ, la grafica “brute” di Dottor Pira e i fumetti di Tuono Pettinato. Per l’appunto.
Tuono Pettinato parlava con la voce da cartoon, e a differenza dei suoi compari, si ubriacava solo con Estathè (ma mai alla pesca), era gentile, poteva parlare di tutto con candida e malefica ironia senza agitarsi mai, seguire la centenaria soap opera “Un posto al sole”, ascoltare terrificanti band grindcore di metal satanico e suonare una chitarra finta con la sciamannata band dei Laghetto, quando gli capitava. E questo non era un accessorio per far colore, ma in qualche modo faceva parte dell’”essenza” del suo lavoro.
Già. Il suo lavoro, che per molti osservatori esterni non è nemmeno un lavoro, se non quando ti danno un premio che viene dall’estero. Oppure quando ti ricordano alla Camera dei Deputati, come è successo alla sua morte, un fatto straordinario. Chissà se dal punto di vista teorico gli sarebbe piaciuto. Nel mondo del fumetto convivono spesso due anime, ovvero quella che si lamenta da sempre perché non viene abbastanza riconosciuta dai ”piani alti “ della cultura e quella che se ne sbatte, e continua produrre materiali eccellenti lo stesso.
Tuono credo appartenesse alla seconda categoria, e non faceva differenza tra graphic novel, strip comiche, libri per bambini, vignette singole, tavole domenicali, biografie disegnate. E sempre senza sentirsi frustrato o viversi come esponente di una sottocultura che non aveva i riconoscimenti meritati. Alla fine era tutto un Tuono.
Tuono produceva tavole perfette.
La perfezione nel fumetto non è cosa facile, ma Tuono riusciva spesso nel miracolo di essere semplice e complesso come un fumetto di Shultz o filosofico e dettagliato come una strip di Pogo di Walt Kelly, senza apparente fatica. Dal lettering alla composizione della tavola tutto sembrava facile, eseguito senza sforzo apparente. Nel fumetto è brutto quando vedi lo sforzo dietro il lavoro, quando vedi che l’autore ha fatto troppi arzigogoli per nascondere quello che non riusciva a disegnare, oppure quando si è dannato dietro un’espressione o dietro alla posizione di una mano. TP aveva scelto uno stile che se ne poteva fregare di questi orpelli, per dedicarsi all’essenziale. Raccontava la complessità in maniera semplice, che per altro è qualcosa di molto difficile.
Sarebbe bello raccogliere in un unico grande volume tutte le vignette che Tuono dedicava ai suoi ammiratori o che disegnava nei frontespizi dei suoi libri perché, a differenza di molti autori che disegnano sempre la stessa cosa, ogni suo disegno conteneva un’idea, una battuta, un piccolo gioco.
È riuscito a produrre molto. Faccio un elenco così a memoria, e sicuramente mi dimentico qualcosa.
La biografia di Garibaldi, uscita proprio nell’anno delle celebrazioni garibaldine. Divertente e allo stesso tempo storiograficamente accuratissima.
La biografia del matematico Turing, moto più interessante del biopic hollywoodiano dedicato al matematico inglese.
Una biografia su Galileo Galilei.
Corpicino, libro sulla comunicazione dei media e lo sfruttamento del dolore.
Nevermind, sulla gioventù di Kurt Kobain con citazioni spudorate ma perfette di Calvin e Hobbes di Bill Watterson.
Le strisce antropomorfe e maligne dei Rubacchiotti per XL.
Strisce su mediocri protagonisti e supereroi dai poteri inutili per Internazionale e Animals.
Diari di viaggio sui generis, racconti di gatti alla ricerca della propria strada, strambe autobiografie.
Non si è risparmiato niente, e per fortuna ha lasciato moto.
Mi risulta molto strano leggere di lui su Vanity Fair o su altre riviste mainstream che mi sembra abbiano frequentato davvero poco il suo mondo poetico, ma d’altra parte Tuono piaceva a tutti. È davvero difficile trovare voci di persone che riescano a parlar male di lui sia dal punto di vista autoriale che umano. La cosa peggiore che ho sentito dire su di lui è stata: “inutile”. Beh, perché no? La creatività è proprio quell’inutile indispensabile, una specie di aforisma alla O.Wilde che credo TP avrebbe apprezzato. TP non voleva certo fossilizzarsi nello stereotipo del disegno carino, anzi ha scritto un libro su questo argomento: “l’Odiario”, una dichiarazione di intenti sull’imbarazzo che gli procurava essere considerato l’autore di personaggi piccini e ciccini.
Nei suoi cassetti giace un vecchio progetto che forse prima o poi vedrà luce, quel “Bastardi da guerra”, il suo romanzo sul Vietnam con personaggi antropomorfi, annunciato più volte e mai pubblicato completo, di cui teneva un blog iperdocumentato dal 2009, perduto nel mare dei progetti non finiti e che per noi potrebbe essere tutto un nuovo Tuono. Oppure la riscoperta di un vecchio Tuono. Chissà, in effetti non riuscivi mai a capire quanti progetti gli ribollivano in testa, o quante cose non aveva mai fatto vedere, o di cui non aveva ancora parlato con nessuno, anche perché era difficile stare nella testa di Tuono.
Difficile o meraviglioso, è una questione di punti di vista.