Se almeno una volta, trovandovi per la prima volta in una città, avete cercato su Tripadvisor l’elenco delle esperienze top da non mancare pena la gogna degli amici – gita nudi in canyoning, maratona di ballo locale, vista della piazza deserta alle tre del mattino, e così via – allora probabilmente avete già un’idea, flebile ma inequivocabile, di quello che intende Tristan Garcia per “vita intensa”. O meglio, intensificata, cioè rivolta a quelle soglie emergenti dell’esistenza oggi, rispetto a ieri, più o meno democraticamente disponibili nel regime delle società di massa. Se poi per caso avete fatto parapendio inforcando una Ducati Panigale direi che è un libro che forse dovreste leggere.
Secondo Garcia l’intensità è il paradigma che si afferma non appena in Occidente, con l’affermazione della modernità, i vecchi quadri valoriali vengono meno e l’unico imperativo etico diventa essere sé stessi all’ennesima potenza.
Il Libertino del ’700, il Romantico dell’800 e il fan di Elvis Presley (o di Vasco) nel secolo scorso sono le figure chiave che individuano la traiettoria di questa metamorfosi. Un passaggio epocale che vede, almeno inizialmente, nella scoperta dell’Elettricità e nei divertimenti elettrici dei salotti settecenteschi, la metafora definitiva, pardon fulminante, di una forza che appare in grado di connettere materia e res cogitans nella comune aspirazione all’intensità. Col tempo l’elettricità rientrerà nei ranghi della macchina e della seconda industrializzazione, e quindi del nemico giurato dell’Intensità: la medietà della routine, la tiepidezza dei comportamenti razionali, insomma la noia, ma in compenso anche la scienza, dopo la filosofia, con la fisica del Novecento, abbandona il meccanicismo per aprirsi gradualmente al nuovo paradigma.
Il problema dell’intensità come norma etica – a cui Garcia lega il sentimento della vita moderna ma che en passant e senza troppe spiegazioni fa anche risalire alla nozione di potenza aristotelica – è che la stessa esperienza, l’innamoramento, il sesso, guidare una Ferrari, non è mai la stessa la seconda volta che la vivi. La seconda volta non è così nuova e comincia già a puzzare di già visto e già sentito. Peggio: già vissuto. Così puoi sbizzarrirti a inventare strategie alternative, collezionare tante diverse prime volte, alzare l’asticella, andare più veloce… ma prima o poi l’Intensità ti presenterà il conto di un’esistenza insostenibile.
Se l’Intensità, con tutti i suoi sbalzi, rappresenta la Vita, modernamente intesa e quindi non eludibile, il suo naturale antagonista resta il Pensiero, con la sua ermeneutica piatta e uniformemente estesa. E con la sua mania di classificare qualsiasi differenza incontri. Il Pensiero, storicamente, offriva due scappatoie: la via della saggezza e quella della religione, entrambe oggi precluse perché non più percorribili dall’uomo moderno, interessato semmai a intensificare anche l’esperienza della fede o della politica o di dio-sa-che-cosa. E siccome, ovviamente, non si può smettere di vivere per limitarsi a pensare. ognuno dovrà trovare la sua via tra Scilla e Cariddi, perché nessuno, nemmeno l’autore, ci fornirà un breviario della buona vita.
Garcia, allievo di Alain Badiou e giovane filosofo docente di estetica all’Università di Lyon3, è un romanziere affermato e tradotto in tutto il mondo. La Vita Intensa, scritto nel 2016, e oggi proposto da Nottetempo nella traduzione di Raffaele Alberto Ventura, prosegue, anche esplicitamente, una polemica in seno alla filosofia continentale, in particolare con la nozione di intensità – centrale nel pensiero di Deleuze, e più in generale con un’impostazione speculativa che qui viene fatta risalire a Whitehead e a Nietzsche. Per farlo non scomoda ontologie, oggetti, realismi speculativi, né quella strumentazione rigorosa che raddoppierebbe le citazioni accademiche ma farebbe scappare il 90% dei suoi lettori. Tecnicamente non è neppure un testo “divulgativo”: la Vita intensa sembra piuttosto un saggio pensato con la persuasività di un pamphlet ma la struttura del romanzo: in definitiva un esperimento narrativo che aggancia il lettore dalle prime pagine (chi non si riconoscerebbe negli umani intrappolati nella modernità intensiva?) e lo tiene incollato fino all’ultima.