Un’estate precoce che ha colto impreparati, ma sempre la stessa stagione romana che fa eccellere, come unica e sola, la città capitolina, la Roma cinematografica che alla celluloide ha affidato la credibilità della Dolce vita, l’origine della vita sparsa (e spesa) in via Veneto, a Piazza del Popolo, da Rosati e Cesaretto. Tommaso Pincio nelle sue camminate pensando a Flaiano (soprattutto) e Fellini trova lo scompiglio che un termine come flânerie sparge all’ombra di Un marziano a Roma, memorabile fiasco teatrale del 1960, l’anno della Dolce vita. Un mondo dalla strana fisica per chi se ne frega delle regole e, come certi insetti, va a sbattere una volta dopo l’altra fino a che non cade stecchito, perlomeno tentando di forzare lo stato delle cose. Pincio non si accontenta di andare su e giù per le cronache storiche e le storie ringalluzzite dalla cronaca di quotidiani, settimanali, e soprattutto fotoromanzi (pubblicazione prettamente italiana), quel che vuol ricordare (e rileggere) è l’angosciosa esistenza di un Flaiano difficile da rappresentare nel suo diarismo evanescente e nell’essere scrittore di un solo romanzo, Tempo di uccidere (1947, vincitore del premio Strega appena fondato), come in una specie di incubo capitato nelle braccia di Maria Bellonci da un lato e di Federico Fellini dall’altro.
Il marziano sbarcato a Villa borghese viene consumato da Roma dopo il subitaneo clamore, nel Diario di Pincio il Novecento è passato a miglior vita e l’estate tollera a malapena l’atmosfera un po’ tossica dove l’unico motivo che pare attestarsi e scavalcare il secolo sembra lo humour di Flaiano, alquanto “nero” e adibito a contrastare la frivolezza. Che, a dirla come Longanesi, può far intendere le cose più serie. Sessanta e più anni fa, contraddizioni e pigrizie sfociate in sceneggiature al limite dell’inesistenza, e grandissime palle declamate soprattutto ai tavolini e sotto gli ombrelloni di Via Veneto e dintorni. I marziani erano già sbarcati in America, nel New Jersey, ma l’isteria pazzoide di quella gente c’entra poco con l’insita tristezza che invade (questa sì, vera invasione) la varia umanità della Capitale e del visitatore spaziale.
Pincio si muove a piedi e in linee metropolitane non proprio simpatiche, e non sono le esagerazioni capitoline, i vizi, lo scetticismo a precludergli l’intenzione ferma e cortese di stare a un passo da Flaiano, respirando la sua stessa aria e la rara solitudine capace di rivelare l’improbabilità altrui, quei personaggi in cerca “di qualcuno che li scambi per veri, fosse anche per sbaglio”. Le escursioni a Monte Sacro approfondiscono situazioni topografiche di un secolo ormai andato, o che ritorna sotto mentite spoglie: si sa come gli anni scompaiono, ma le pietre archeologiche in questo caso resistono mutando la visibilità corrente. Roma è colma di sodalizi finiti male e di agonie infinite, dissonanze invece finite bene avendone prove filmiche ed epistolari in cui generosità e controversie s’alimentano dello stesso fuoco. Roma cambia se la vedono Fellini e Pietrangeli, passa dalla fascia visionaria alla fascia documentaristica: Roma s’incarna in Anita Ekberg e Stefania Sandrelli, passando in volo sopra il Colosseo e l’Eur. E Cinecittà. Flaiano non scrive saggi e romanzi ma nutre la nozione che hanno registi venuti, almeno quanto lui, da fuori i confini regionali. Solo il rito mondano (e sudato) del Ninfeo di Villa Giulia consente lo spettacolo di mostri confinati e protetti. Da lì ai luoghi marittimi (moraviani, pasoliniani), Fregene Ostia Torvaianica, è tutto un saper scomparire per volontà o per morte.
Flaiano sorvola i gruppi letterari del tempo, e Pincio scruta i loro luoghi, gli ambienti sempre pronti ad accogliere notizie e lampi di flash. Spettacolo eterno di fantasie ricamate di sesso sistemato tra virgolette, e di chimerici disegnetti pornografici di Fellini. Facile pensare che sul retro di questi Flaiano appuntasse le note utili – più di soggetto e sceneggiatura – alle bizzarre versioni filmiche di un mondo che stava lì davanti, dentro l’estate perennemente “marziana”: allora e oggi.