Tiziano Scarpa / Un viaggio a Kos e la mechanè

Tiziano Scarpa, La verità e la biro, Einaudi, pp. 220, euro 18,50 stampa, euro 9,99 epub

La verità. Un’idea definitiva, se messa in pratica in un libro, d’invenzione o d’esaltante e competitiva struttura di memoir o in definitiva di saggio dove nulla è detto sottovoce, dove strutture e strumenti sono in bella vista, sia quelli costruiti dalla mente sia quelli messi in pratica dal corpo, quel corpo che in ultimo è esso stesso verità “evidente”, verità espressa da una nudità che tutti ci affanniamo a nascondere. Tiziano Scarpa no, Tiziano in questo libro inizia e distende un diario, una specie di diario, in cui non solo fa uscire all’esterno (in quello spazio in cui noi lettori leggiamo, scopriamo, comprendiamo o giudichiamo) la descrizione minuziosa di sé in alcune circostanze quotidiane, ma desidera fortemente (e ci riesce) escludere dal suo mondo tutto ciò che mette a repentaglio la verità.

E dunque si fa in quattro per descriverci – e rendere reale e toccabile – quella mechané che nel teatro greco era una specie di gru che “depositava un personaggio in scena, o lo prelevava”: un apparato artificioso, presentato al pubblico in tutta la sua evidenza. Ogni novità o posizione dello spettacolo veniva, senza alcuna censura, immesso nella scena. Scarpa, dopo aver avuto questa intuizione montante (e, per certi versi, smontante), inserisce nella scrittura – temerario – la macchina che ha erogato nella sua vita ogni esperienza. Ne è nato, trascritto dagli appunti tracciati con la classica penna biro da pochi centesimi, il libro che s’immerge nell’imperdonabilità quanto più espone l’esistenza vera e tutti i pensieri invasivi dello scrittore mentre i fatti avvenivano intorno e dentro al suo corpo.

Nei vari capitoletti si descrivono con minuzia di particolari le disposizioni sessuali messe in pratica con la studentessa di filosofia, il libro così comincia, con la verità spesso difficile da condividere, e comincia quando Scarpa si trova in spiaggia, seduto davanti al tramonto immerso nella lettura di testi antichi, Parmenide innanzitutto. Seduto davanti all’onda, su un’isola greca, questo “italiano di cinquantotto anni” è invaso da un momento estatico che gli fa sentire tutti i confini, suoi e dell’acqua marina con l’aria: “L’onda si sbriciola in gocce e spuma, frantuma il confine dell’aria…”. La vacanza, con la moglie, nell’isola di Kos trascorre fra momenti di scrittura sotto l’ombrellone – gli appunti presi con la biro – e l’esperienza su una spiaggia nudista. Scarpa scherza, ma non troppo, la polemica è a due passi, scambia argomenti sull’arte e sulle psicotiche esigenze dello spettacolo, non può scordare che l’incipit “vero” del libro dichiara l’imminenza di una transizione sessuale. L’ha scritto lui, così come i fatti accaduti anni fa e altri più recenti ma che tutti precedono la diagnosi che porterà al suo “congedo” dal genere. Uscito allo scoperto, non torna più indietro. Può limare quanto scritto manualmente, con la pietra pomice rinvenuta fra i sassi della spiaggia, ha dato tutto se stesso nelle turbolenze fra ipocrisie, reticenze e l’azzeramento degli infingimenti. Scarpa alieno sulla Terra, dichiara, dentro un libro le cui frasi contengono un corpo nudo che le “spinge più in là che può”.

 

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