Petrolio esaurito e sostituito dal sale. Donne costrette a nascondersi in gruppi sovversivi oppure ai lavori forzati. Uomini come guardie dedite all’ordine. Una realtà rovesciata piena di terrore e bisogno di rivoluzione. Saline, Area di Comando, Congreghe, Strighe, Schiaduri. I romanzi distopici offrono sempre uno sguardo e un’analisi sociologica e culturale della realtà – non solo per com’è oggi, ma per come potrebbe essere e come ci auguriamo possa non diventare mai. Brucia la notte – primo romanzo di una dilogia, scritto a quattro mani da Tiffany Vecchietti e Michela Monti – offre anche tante alternative (positive!) possibili, senza sorvolare sulle radici e sulle conseguenze delle decisioni politiche prese in un passato non così remoto.
Siamo in Emilia-Romagna e la vera gioia in questo romanzo è proprio spostarsi continuamente da una zona all’altra di questa parte d’Italia. Il viaggio rivoluzionario inizia a Cervia, per toccare poi anche Longiano, Dozza, San Mauro, Santancagelo – e lo farete in mongolfiere che illuminano la notte oppure ansimando in salite tra i boschi. Ma non temete – un caleidoscopio di personaggi vi terrà in compagnia per tutto il viaggio, mantenendo vivo il ritmo della narrazione.
La storia comincia nelle Saline, a Cervia, dove le Raccoglitrici – tutte donne – sono impegnate quotidianamente a racimolare il sale in vasche piene d’acqua, con i fucili puntati contro degli Integri, il braccio armato dello stato – tutti uomini. Il sale ha sostituito il petrolio, risorsa esaurita a livello globale. Quando il Regime degli Integri fu istituito, tutte quelle persone che non furono portate nelle Saline o nell’Area di Comando si riorganizzarono in Congreghe. La vita, qui, è pacifica e improntata a un contatto con la natura – ma anche, e soprattutto, stregonesca. Le Congreghe sono formate da Strighe, persone dotate che utilizzano i propri doni per il bene comune. Nonostante siano popolate sia da donne che da uomini, nelle Congreghe – e negli altri gruppi ribelli – il genere femminile è predominante: sono le donne a essere sottomesse e a decidere di scappare e riorganizzarsi. La violenza, qui, lascia il posto a nuove forme di democrazia, dove ognuno ha una propria voce e soprattutto viene ascoltato, aiutato, curato. Una forma di gestione pacifica che cova un bisogno di salvare quante più persone possibili, di renderle libere, di rivoluzionare il presente in cui da un decennio il paese arranca con la violenza – ma mai a discapito della sicurezza della Congrega. Momenti di confronto collettivo si alternano a poteri decisionali nelle mani di pochi, anzi, di pochissimi. La Suprema ha l’ultima parola, il potere di includere o di escludere, di vita o di morte – incrinature in un disegno di resistenza quasi perfetto.
Il nucleo della storia sono i legami tra i personaggi, che mutano con l’avanzare della narrazione – legami fraterni, d’amore, di sottomissione, di uguaglianza, di unità, d’amicizia, di collaborazione forzata, famigliari, di potere. Mutano grazie a confronti, a dichiarazioni taciute per troppo tempo, ad azioni avventate. C’è un’attenzione ai legami che Brucia la notte porta con sé e che rende la storia più verosimile, proprio per l’umanità che traspare dalle pagine. Anche se appartenenti a fazioni sovversive diverse, tutti cercano di aiutare chi è sotto attacco, chi ha bisogno d’aiuto, chi non conosce alternative – ed è proprio nell’unione che troveranno la forza di proseguire.