Se nasci donna dovrai obbligatoriamente diventare madre. È la natura. La nostra società concepisce come un’anomalia del sistema una donna che non sente ticchettare quel famoso orologio biologico. È sempre stato così, e sempre sarà. Ma siamo davvero sicuri che avere un figlio sia un passaggio obbligato? Pensiamo anche al caso opposto. Esistono donne che già in tenera età decidono il proprio futuro di madri, lo programmano, spendono energie inseguendo ossessivamente quell’obiettivo e poi… e poi la vita decide per loro. Decide che forse non è il momento, che procreare non fa per loro, che non possiedono la stoffa per ricoprire il ruolo. Il test di gravidanza dirà: ritenta, sarai più fortunata.
La protagonista di Eva e le sue sorelle, ispirato all’esperienza personale dell’autrice Tieta Madia – che a dispetto del nome dalle sonorità esotiche è italianissima – racconta un caso simile. Proprio come lei ama andare in bici, bere vino e ascoltare musica a tutto volume. Con uno stile dissacrante, Madia racconta, di questa bambina prima e giovane donna poi, delle sue disavventure romantiche e di un fortissimo desiderio di maternità che la porta talvolta a compiere scelte discutibili.
Le viene diagnosticato un utero bicorne – conformazione insolita che potrebbe influire sull’eventuale gravidanza – e questo, oltre a scombussolarle i piani, sarà fonte di dolori, piccole ferite nel cuore e nell’animo della donna, che mineranno ogni sua certezza ma soprattutto quella determinazione che l’aveva contraddistinta da sempre.
L’attesa, la gioia, e poi un primo aborto, lacrime, tempo per riparare, un secondo aborto, frustrazione, altro tempo per recuperare, un terzo aborto, rassegnazione, niente più lacrime. Ogni volta sarebbe stata una femmina, ogni volta un esame di coscienza, e ogni volta la stessa domanda: perché quell’embrione non vuole rimanere attaccato?
Esiste una sorta di ingiustizia divina quando una donna non cerca o addirittura non vuole una gravidanza ma rimane incinta con estrema facilità, mentre una donna che desidera ardentemente diventare madre scopre di non essere destinata ad esserlo.
Tuttavia la nostra protagonista – il cui nome non viene mai pronunciato per tutto il romanzo, quasi a voler empatizzare maggiormente con le lettrici – non demorde. Un ennesimo tentativo, perché le donne sanno essere più forti proprio quando tutto sembra perduto, e finalmente la piccola Eva, ancora esserino minuscolo, arriva dopo la rottura del sacco amniotico come un fulmine a ciel sereno, prematura e con poche speranze di vita.
Una lettura sorprendente, capace di emozionare, scatenare rabbia e frustrazione, ma anche molti sorrisi. È un compito arduo quello che l’autrice affronta in questo esordio, scegliendo di trattare un argomento così delicato. Molte lettrici si ritroveranno nelle parole di Madia, che senza schermi descrive ciò che accade dietro le pareti del reparto di ostetricia e di terapia intensiva neonatale. Allo stesso modo dovrebbero leggere questo romanzo anche le donne che stanno ancora lottando contro la famosa ingiustizia divina, incoraggiate da esperienze simili. Riponendo fiducia nelle proprie capacità, rischierebbero di ottenere risultati stupefacenti.