Thomas Ligotti / Maschere da indossare contro l’abisso

Thomas Ligotti, Il nesso spettrale, tr. di. Luca Fusari, il Saggiatore, pp. 108, euro 12,00 stampa, euro 5,99 epub

A quanto se ne sa, questa breve opera, uscita in originale nel 2014, è l’ultimo messaggio narrativo lasciato da Thomas Ligotti (1953) ai suoi affezionati lettori. Da dieci anni a questa parte, l’eremita di Detroit (che da tempo, pare, viva in Florida con il fratello) tace e, preda delle sue ansie e sindromi depressive, si dedica unicamente a suonare la chitarra, disertando del tutto la scrittura. Tanto più il suo nome ha acquisito fama e prestigio non solo nel campo circoscritto del weird e dell’horror narrativo, ma in quello, più generalista, del pessimismo filosofico (l’autore ha sempre rifiutato vigorosamente la qualificazione di nihilista ribadendo i suoi ideali socialisti), tanto più il personaggio ha fatto perdere le sue tracce ritirandosi in una stretta dimensione privata (circola di lui una sola foto, la stessa da anni), interrotta soltanto da sporadiche quanto icastiche interviste: chi voglia averne nozione legga Nato nella Paura. Letteratura, Orrore, Esistenza, pubblicato nel 2019 ancora dal Saggiatore, casa editrice che ha coraggiosamente tradotto e diffuso quasi integralmente l’opera del geniale outsider statunitense.

I superficiali considerano lo scrittore l’erede contemporaneo di Poe e di Lovecraft, o l’ispiratore della visione desolata espressa dall’esistenzialismo noir della prima stagione di True Detective, che per la prima volta nel 2014 rivelò a un mondo assai più ampio di quello dei cultori del genere, l’esistenza fino ad allora quasi segreta di un pensatore/narratore così radicalmente estremista (“Tocca l’oscurità e l’oscurità ti toccherà a sua volta”, proclama una battuta nella sceneggiatura della serie tv, quasi parafrasando il Nietzsche di Al di là del bene e del male: “Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu guarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare dentro di te”). In realtà Ligotti è molto di più di un semplice scrittore horror o dark fantasy, e lo dimostra ampiamente nel suo saggio filosofico La Cospirazione contro la Razza Umana (il Saggiatore 2016, originale del 2010), o nella sua ultima, superlativa, raccolta narrativa, Teatro grottesco (il Saggiatore 2015, originale del 2006). Nei testi più recenti, inclusi i due che costituiscono Il nesso spettrale, la disarticolazione della trama raggiunge vertici ineguagliati di astrazione metafisica: il racconto dell’orrore diventa orrore del racconto e cessa di costituirsi come sintomatico esercizio di stile nella tradizione gotica o endoscopio psichico teso a rivelare le regioni più oscure dell’inconscio. L’orrore “sovrannaturale” ligottiano non è che inerte e nudo orrore della situazione, cioè atro panorama della condizione umana. Ligotti cesella allegorie della nostra caduta: riconnette gli effetti (il “gotico” di Poe e Lovecraft) alle cause (il Weltschmerz, o Dhukkha come dicono i buddhisti, descritto da Leopardi, Schopenhauer, Nietzsche, Beckett, Cioran, ecc.), nella grande tradizione filosofica del pensiero negativo.

I due racconti riuniti in Il nesso spettrale, cioè Metaphysica Morum (già pubblicato a sé dal Saggiatore nel 2022, incluso dal curatore Andrea Gentile nell’antologia, per il resto decisamente mediocre e deludente, Contemporaneo occidentale) e La gente piccola, formano un cupo distico dell’alienazione reificante e del crudele sarcasmo: la figura della marionetta, del pupazzo disarticolato, simulacro umano o forse dichiarazione esplicita dell’inganno che l’uomo rappresenta, inerte e vuoto meccanismo spacciato per entità spirituale, razionale e morale, torna ancora nelle pagine del Visionario di Detroit: burattino, bambola, giocattolo oscuro – molto più terrorizzante di qualunque banale vampiro, zombie o fantasma, come metafora onnipresente del depressivo perturbante filosofico e della vertiginosa metafisica gotica ligottiane, a specchiare – ed è proprio questo il nesso spettrale – il deserto dell’incontemplabile nulla che sempre ci agita e nel quale sempre ci agitiamo.

Lettura sgradevole e affascinante, morbosa e catartica, la narrativa di Ligotti – sperando che questa non ne rappresenti l’ultimo esempio – ci perseguita con la sua lucida desolazione: “La controversia è con la realtà stessa – commenta lo scrittore nella sua introduzione al volumetto – o con ciò che passa per la realtà. […] A quel punto può darsi che la follia diventi l’unica salvezza, perlomeno fino a quando non sarà consentito il confortante annichilimento a richiesta”.