Ritornare alla strada, tra un periodo di restrizioni e l’altro, è diventata una necessità più che fisiologica, ma spesso poco pensata e priva di implicazioni politiche lineari e linearmente comprensibili, smarrite all’interno di un groviglio biopolitico e ideologico talvolta difficile da districare. Tuttavia, pensare (e scrivere) questo ritorno ha un’importanza culturale e politica fondamentale, ulteriormente ravvivata dal contributo della street art (definizione provvisoria, in quanto imprecisa e manchevole, che comunque ha la capacità di includere vari fenomeni, anche molto diversi tra loro, nella propria nebulosa) e della poesia di strada.
È un contributo, quest’ultimo, ormai ampiamente storicizzato e variamente dibattuto, in virtù di una serie di specificità che hanno costantemente aperto e riaperto la questione della sua intellettualizzazione, nell’approccio critico, e della sua storicizzazione. Per fare un esempio, risale ormai a cinque anni fa una nutrita e interessante polemica sulla musealizzazione della street art, in occasione della mostra “Street Art – Banksy & Co. L’arte allo stato urbano”, organizzata a Bologna nel 2016. Se manca, qui, lo spazio per ripercorrere le tante vie prese da quel dibattito, è però opportuno sottolineare che un libro che cerchi di indagare, e al tempo stesso far emergere la poesia di strada, potrebbe incorrere negli stessi rischi, all’interno di un’operazione di appropriazione dai confini intellettuali peraltro non congruenti con quelli dell’oggetto di studio e testimonianza.
È un rischio che Con le parole ovunque – firmato da due conoscitori molto ravvicinati della questione come Francesco Terzago e MisterCaos – riconoscono e affrontano molto bene. Già nell’incipit della quarta di copertina si può leggerne l’intento programmatico: “Questo volume non è solo un libro. Queste pagine, strappate dalle strade e dai muri, sono da ristrappare e rincollare su altre strade, su altri muri”.
Vi è, dunque, la piena consapevolezza culturale e politica del tentativo in atto, ma anche della necessità di mantenere un grado di apertura tale da rendere questa molteplicità di esperienze ancora, e di nuovo, fruibili. Non si tratta, dunque, di pervenire a un’indagine accademica, rovescio della medaglia di una ben più prosaica indagine poliziesca: pur provenendo da consolidate esperienze collettive di studio e di attivismo culturale (Terzago, ad esempio, è membro del centro studi universitario Inopinatum e dell’osservatorio Inward sulla creatività urbana, oltre ad aver fondato, insieme ad altri poeti, il collettivo ligure Mitilanti, con un formidabile pun su quella militanza che lo stesso collettivo esprime attivamente), il libro si compone di diverse parti, nelle quali non manca, senza comunque risultare dirimente, l’approccio saggistico e teorico. Dei vari spunti rintracciabili in questi scritti, sembra opportuno segnalare la frequenza con la quale Terzago, autore di buona parte di questi interventi, aggira la questione (del resto, di derivazione inequivocabilmente crociana) della definizione della “poesia” nel sintagma “poesia di strada”; Terzago preferisce, invece, un approccio descrittivo, meno (inutilmente) selettivo e più vicino alla sociologia urbana (seppure da una prospettiva consapevolmente eterodossa ed obliqua); del resto, conviene certamente ricordare che la componente “di strada”, nel sintagma, è egualmente importante rispetto alla componente “poetica”.
A questi interventi di Terzago si aggiungono le schede elaborate da MisterCaos, un primo censimento che è consapevolmente mostrato come provvisorio e non esaustivo, quindi per nulla “canonizzante”, di un’esperienza in divenire e, quindi, fortemente mutevole. La mappatura – che non è per nulla autoreferenziale, al di là dell’auto-inclusione dei curatori e collaboratori – si avvale di un apparato grafico e iconografico accattivante, ma che resta talora di difficile fruizione nelle pagine in bianco e nero (risultando, invece, più efficace nell’appendice finale, dedicata alle “Poesie scomparse”, ovvero alle “poesie di strada che non ci sono più”, poiché questa è un’appendice a colori e con immagini di dimensioni maggiori e con una migliore definizione).
Molto godibile è poi la sezione “Scegli un muro e lascia il tuo segno”, firmata da Marco Philopat a seguito di tre incontri, nel corso dell’estate 2020, con ivan, uno dei punti di riferimento più condivisi da parte del “movimento” della poesia di strada qui raccontato: scegliendo una modalità stilistica vicina al flusso di coscienza e a certi stilemi balestriniani, Philopat restituisce voce, in modo assai verosimile e accattivante, e al tempo stesso prudentemente rispettoso, all’esperienza biografica e artistica di ivan. A ivan, inoltre, viene data direttamente parola nella sezione precedente, con il testo “Devi scrivere una poesia”, datato autunno 2020, che mescola in modo convincente stilemi di diversa matrice, in un testo che mostra anche una costruzione ritmica vicino alle metriche da strada del rap.
Chiudono il libro un “glossario” che fornisce ulteriore spessore critico alla disamina del fenomeno della poesia di strada, aggiungendo affondi molto interessanti, tra i quali si può scegliere, a titolo di esempio il seguente: “Se la poesia di strada può accogliere in sé pratiche effimere (se può per esempio utilizzare colori acrilici che deperiscono rapidamente), allora può forse fare sue ulteriori tecniche, può sabotare la pubblicità, sostituirsi alla cartellonistica luminosa, edificare effimeri paesaggi e usare la proiezione. Così acquisirebbe un repertorio di tecniche già ampiamente registrate nell’ambito della comunicazione politica, della creatività urbana, dell’arte contemporanea e della street art.
Questa tensione verso la riapertura del discorso diventa definitiva con la conclusiva “Caccia al tesoro”, dove il lettore stesso è chiamato a partecipare al gioco della poesia di strada, allo scopo di risignificare i “luoghi che parlano la lingua della marginalità, lontano dai centri di potere”. Un gioco serissimo e sempre più importante in questo 2021 non ancora post-pandemico, per tornare alla strada e alla poesia di strada con rinnovata capacità critica e operativa.