Si può scrivere un libro senza mai averne letto uno? Certamente sì e il filone più rappresentativo in questo senso è quello dei libri degli youtuber, dei muser di TikTok, degli influencer di Instagram. Un genere di testi sempre più diffuso e che questa rubrica non ha ancora attraversato. A titolo puramente rappresentativo, questo Fratelli per caso uscito a settembre per Rizzoli può fare al caso nostro.
Gli autori sono una sorta di Rat Pack di content creator (sic) classe 1999 della zona di Roma, diventati famosi essenzialmente per la condivisione di video autoreferenziali su YouTube. Sono seguiti da un largo stuolo di ragazzini in età scolare, grazie ai quali riescono a produrre un numero di visualizzazioni sufficiente a vivere di introiti pubblicitari, considerando anche una diffusione dei contenuti su più piattaforme social. Al netto della tecnologia in questione, niente di nuovo sotto il sole: a partire dalla società post-bellica, il fenomeno delle boy band è sempre stato sfruttato commercialmente in una miriade di varianti (per certi versi, è possibile ascrivere alla categoria gli stessi Beatles), con conseguente produzione di libri, film e quant’altro.
Anche in questo caso, come nei musicarelli, abbiamo un gruppo di bellocci di buona famiglia cattolica dai percorsi scolastici disastrati, asserragliati dalle ragazze e dai caratteri bidimensionali (il riflessivo, l’appassionato, l’enigmatico, ecc).
La principale novità è la frontiera selvaggia rappresentata dai social network di massa, un mercato che coinvolge tutti (da Silicon Valley al Partito comunista cinese che, di fatto, controlla TikTok) in grado di garantire grossi introiti pubblicitari a un costo più che ridotto, senza contare la mole di informazioni statistiche raccolte come sottoprodotto.
Non si parla dei canali di alto profilo a livello mondiale, che producono contenuti di vario genere, spesso interessanti e che giustificano i milioni di seguaci, quanto piuttosto di quel sottobosco piratesco di ragazzini con poca voglia di studiare in grado di crearsi un reddito letteralmente sul nulla (con relativo indotto di agenzia) e che trova in Milano la sua Montmartre. Non è un caso che il più importante youtuber italiano, Davie504, sia da noi un fenomeno di nicchia, vuoi per l’uso della lingua inglese, vuoi per il carattere parodistico dei suoi video, in cui gli stereotipi della categoria sono enfatizzati e sottilmente derisi. Peraltro possiede dei talenti: essendo un virtuoso del basso elettrico, non si limita a scherzi da oratorio o sfide adolescenziali (prank e challenge, nella neolingua dei content creator)
Il libro in questione presenta però alcuni spunti di interesse, sia per comprendere il fenomeno sia per la modalità con cui è stato costruito. Si tratta di un semplice libricino intervista, interpolato da un book fotografico e da varie massime e frasi motivazionali in grassetto. La struttura è elementare e lineare: cappello introduttivo (i Q4 arrivati al successo e assediati dalle pischelle tredicenni), presentazioni individuali (coprono almeno un quarto dell’opera), origini del loro consorzio, routine quotidiana, un capitolo intero letteralmente dedicato al gioco “obbligo o verità”, l’immancabile diario della pandemia e chiusura sulle radiose prospettive dei membri del gruppo e le loro future carriere nel mondo dello spettacolo.
A sbobinare tutto questo magma traducendolo in buon italiano è il povero editor, soprannominato Grillo Parlante dai quattro protagonisti che interviene spesso nel corso del libro, con continue rotture della quarta parete dai risvolti esilaranti (ad esempio, quando cerca di spiegare loro il concetto di endogamia). Di fatto, il tentativo – non del tutto riuscito – è quello di trasformare in testo scritto la dinamica di una lunga diretta Instagram, in cui i protagonisti riescono a interrompersi a vicenda persino sulla pagina scritta. Indicativa la parte dedicata al Covid, in cui si scusano direttamente con i seguaci per un insieme di figure barbine capitate durante la quarantena (fra cui la fuga di uno di loro a Treviso per raggiungere la morosa con grande disappunto dei fan).
A differenza del fenomeno della musica trap, per certi versi consimile nella voglia di sfondare e nel necessario cinismo di fondo, i Q4 sono bravi ragazzi e invitano continuamente i lettori alla moderazione, fatto scontato se si considera il target a cui è rivolto il testo.
A tal proposito, sorge spontaneo chiedersi quanto convenga a un editore puntare su un pubblico illetterato almeno quanto gli autori, data la posizione relativamente bassa di questi prodotti nelle classifiche, rispetto alle opere omologhe dei personaggi della TV o dello sport. Probabilmente quanto venduto negli eventi firma-copie con i fan risulta sufficiente per rientrare nelle spese.
Interessante, invece, come la pubblicazione di un libro sia una tappa fondamentale nella consacrazione del content creator di successo – e questo emerge in più luoghi di Fratelli per caso. Potrà stupire l’importanza data al prodotto libro – anche solo per ragioni di status – da persone che solitamente non ne consumano, ma quale garanzia migliore di questa per la sua sopravvivenza in un mondo sempre meno basato sulla parola scritta?