Tan Twan Eng / Vite inglesi a Penang, Malesia

Tan Twan Eng, La casa delle mille porte, tr. Daria Restan, Neri Pozza, pp. 336, euro 19,00 stampa, euro 9,99 epub

L’ignoranza. Ci sono libri che ti ricordano che, per quanto tu sia lettore attento, costante, dedito, sono più le cose che non sai di quelle che sai. Ti ricordano che per quanto impari con ogni libro, le zone di ignoranza, proprio nel senso letterale del termine, sono vaste e ti si aprono davanti quando meno te lo aspetti. Penang per esempio. La prima parola che si incontra in questo romanzo, dopo il prologo. Il luogo dove si svolgono i fatti. Dove si trova? Sono dovuta andare a cercarla su Google.

La casuarina, una magnifica pianta che da noi non credo si sia mai vista, che dà il nome alla casa della protagonista Leslie. Non l’avevo mai sentita nominare. Oppure i viaggi di William Somerset Maugham, scrittore britannico, che erano in realtà delle fughe: confidenzialmente detto Willie, si accompagnava al suo segretario/amante Gerald, lontano dall’Inghilterra puritana d’inizio secolo che aveva condannato Oscar Wilde ed era pronta a ripetere la condanna con qualunque omosessuale, meglio se illustre e colto. Da ragazza avevo letto Schiava d’amore, ma più di quello non sapevo. Per non parlare delle rivolte cinesi e dei tentativi di destituire l’imperatore. Lì proprio brancolo nel buio. Ma per fortuna questo bel romanzo ha colmato alcune delle mie lacune, oltre ad essere stata una lettura affascinante e ricchissima.

Dunque a Penang negli anni ’20 del Novecento arriva Willie, ospite di Leslie e Robert. Robert è inglese e si è trasferito in Malesia da giovane, è un avvocato di successo, e aveva stretto amicizia con Somerset Maugham in gioventù, a Londra; Leslie è nata e cresciuta a Penang, ma anche lei è inglese. Appartengono a quel gruppo di expat che popola le colonie britanniche: vivono una condizione ambigua, di maggiore libertà rispetto alla madre patria ma anche di non appartenenza. Si sentono inglesi ma anche malesi. Sono colonizzatori, rappresentanti di quell’oppressione benevola e condiscendente che caratterizza l’impero britannico; in qualche modo si sentono benefattori o portatori di civiltà. Alcuni, come Leslie, sono più evoluti e sensibili, e vorrebbero poter fare qualcosa per cambiare lo stato delle cose. Sono ricchi, relativamente al paese in cui abitano, ma non lo sarebbero altrettanto se decidessero di tornare. E finiscono per vivere tra loro in una comunità molto ristretta, pettegola e bacchettona, soffocante. La morale dell’epoca, rigidamente ancorata a monogamia ed eterosessualità, richiede la trasgressione anche solo per sopravvivere. Ognuno ha dei segreti inconfessabili.

Willie arriva a Cassoway House, la casa in riva al mare all’ombra della casuarina, insieme a Gerald. Leslie e Robert sono ospitali e affettuosi. Robert è spesso via per lavoro, e Gerald si divide tra nottate brave e mattine di Hangover. Così Leslie e Willie si ritrovano spesso insieme. Il loro rapporto all’inizio è cortese ma freddo, un po’ diffidente. Però poi, piano piano, Willie riesce ad avvicinarsi a Leslie e a farle raccontare quello che ha sempre taciuto. Non è una confessione facile, e Leslie sa benissimo che raccontare qualcosa a uno scrittore vuol dire ritrovarlo poi, più o meno riconoscibile, nelle pagine di un romanzo. Nel caso di Somerset Maugham poi, è probabile che la riconoscibilità sia molto elevata. Tuttavia i segreti sono alla lunga insopportabili per chi li trattiene. A un certo punto è necessario rimettere le cose al loro posto e dare un nome e una voce a quello che è rimasto nella nostra testa, nella nostra immaginazione, nel nostro cuore.

È con trepidazione che seguiamo il racconto di Leslie, fatto di esitazioni, ritrosie, incertezze, ma anche di calore, passione, affetto. La memoria, appena la si richiama, porta sensazioni ed emozioni come se le cose fossero accadute pochi minuti prima. Ed è attraverso questo racconto che il fascino dell’Oriente cattura anche noi. I cieli che cambiano in continuazione, il mare sotto casa, i giardini rigogliosi, le tende che ondeggiano alla brezza, i cibi piccanti e dolci. Conosciamo il dramma di Ethel Proudlock, assassina apparentemente per legittima difesa ma probabilmente vittima di un ricatto manipolato dal marito.  Vittima soprattutto dei pettegolezzi e delle maldicenze.  Conosciamo le lotte di Sun Yat Sen, carismatico leader rivoluzionario cinese che cerca di rovesciare la dinastia al potere e cerca di farlo coinvolgendo i cinesi residenti in Malesia, sfruttando la distanza. Conosciamo naturalmente la verità di Leslie, la sofferenza e poi la passione che si nasconde sotto i suoi modi perbene e compassati, sotto le sue durezze e gli improvvisi momenti in cui si lascia andare. È attraverso lo scambio di confidenze tra Leslie e Willie che conosciamo anche le preoccupazioni finanziarie di Somerset Maugham, il suo matrimonio triste, il suo amore particolare per Gerald, il lato oscuro e quello prosaico del grande scrittore.

Ho amato, di questo romanzo, la scrittura pulita ed elegante. La gentilezza, la calma con cui lo scrittore ci accompagna nelle vicende. Il rispetto che traspare da ogni parola e da ogni considerazione. La comprensione che i segreti, che sembrano così necessari quando ci impegniamo a mantenerli, si rivelano poi delle costrizioni che ci impediscono di vivere; e che però vanno confessati quando si è sicuri che ormai nessuno potrà soffrire o venire danneggiato dal loro disvelamento. Il modo di trattare le nostre meschinità e le nostre sofferenze, con delicatezza e quasi timore, come si farebbe con degli oggetti fragili. E poi la magnificenza della natura, la forza che trasmette il mare, e per contrasto i deserti montuosi del Sud Africa, dove il libro si conclude. Paesaggi che ho solo immaginato, ma questo è il grande potere che abbiamo noi lettori. Ci servono solo libri belli. E per fortuna ci sono.