Sabrina è un intreccio perfetto di disegno e storia, una specie di thriller che si scioglie in una lucina di speranza e possibilità consegnata all’ultima pagina.
Una ragazza – Sabrina – muore in modo tragico e il video della sua morte viene diffuso in rete. La sorella, i parenti, il fidanzato, un soldato amico del fidanzato, che interagiscono nella loro quotidianità alle prese con l’elaborazione di un lutto devastante e con un mondo virtuale che li invade in modo violentissimo, sono delineati in modo esatto nei loro caratteri e vite del tutto comuni, mentre il disegno, le posture, la gamma di colori scelte da Drnaso danno il tono, amplificano e approfondiscono la storia. La complessità delle relazioni, l’avvicinarsi e il distanziarsi sono perfettamente integrate e arricchite dal disegno, nitido ed accurato, che sottolinea la laconicità del racconto. Gli occhi dei protagonisti disegnati con semplici piccoli punti raccolgono e trasmettono una mestizia smarrita che è davvero difficile da sostenere.
Per esempio il fidanzato di Sabrina, completamente sotto shock, viene accolto da un amico dell’adolescenza – ma forse a questo punto diventato solo un semplice conoscente – che mentre è capace di soccorrere, accogliere e curare una persona così malata da camminare pericolosamente sull’orlo della follia, è incapace in modo disarmante di comprendere le proprie relazioni con la moglie e la piccola figlia che stanno per lasciarlo.
Sabrina mostra un’America (ma l’America non significa – ancora oggi – il mondo occidentale?) desolata, triste, desolidarizzata e preda dei pensieri paranoici e complottisti. Ora bisogna dire che notoriamente la paranoia e il complotto sono una costante della cultura e dei romanzi americani, ma in questo racconto lungo a fumetti Drnaso coglie la specificità terrorizzante del pensiero paranoico quando si intreccia, viene creato e moltiplicato attraverso i social in una deriva che non permette più di cogliere la verità e la menzogna. Anzi è il concetto stesso di verità ad essere messo in discussione, perché il virtuale non è lo specchio della realtà ma un potente costruttore di realtà.
Mai si era visto un fumetto così pervaso dalla violenza che però – significativamente – non viene illustrata e spettacolarizzata. Infatti il disegno resta sempre nitido, minimale e non c’è una goccia di sangue. Particolarmente spiazzanti sono poi le pagine riguardanti una scuola dell’infanzia, che colorano improvvisamente il libro. Le illustrazioni dei libri per bambini, delle schede dell’alfabeto e di tutto ciò che siamo abituati ad associare all’innocenza e alla gioia non sono salve dalla violenza più efferata moltiplicata da narrazioni tossiche.
Sabrina è un libro profondamente politico perché mostra la radice sociale del populismo contemporaneo che associa all’isolamento identitario e alla rabbia frustrata la produzione di realtà da parte del virtuale, mentre tutte le istituzioni e le agenzie collettive sono scomparse dall’orizzonte a parte i gruppi di auto-aiuto che non sembrano capaci di elaborazione di pensiero.
In Sabrina camminiamo su una sottile crosta di ghiaccio ma intelligentemente l’autore ci tiene al di qua e non fa cadere nessuno dei protagonisti – sempre pericolosamente esposti – nel gorgo della violenza paranoica.
Il libro è fra i cento titoli dell’anno 2018 del New York Times e candidato al The Man Booker Prize.