In Nessun Kurtz, Nicoletta Vallorani esplora un fenomeno culturale di vasta portata, finora mai davvero indagato: la rilevanza sempre maggiore di Cuore di tenebra nell’immaginario occidentale. Una rilevanza che Nessun Kurtz misura sul tessuto vivo della cultura narrativa, evitando i vicoli ciechi che la critica conradiana, specialmente anglofona, ha ossessivamente imboccato. A lungo, Cuore di tenebra è stato infatti giudicato (più che interpretato) alla luce degli ideali della identity politics angloamericana, guadagnandosi, di volta in volta, l’etichetta di imperialista o anti-imperialista, razzista o antirazzista. È dunque mancata una riflessione sul perché abbia avuto una così vasta risonanza, echeggiando anche lì dove non è esplicitamente citato.
Il libro di Nicoletta Vallorani, invece, si interroga proprio su questo: sul perché Cuore di tenebra sia diventato la pietra di paragone e al tempo stesso il punto d’origine di una moltitudine di racconti incentrati sui rapporti tra l’Occidente e l’Altro. E basa la sua riposta sul personaggio di Kurtz, attorno al quale sviluppa una tesi che riesce a dar conto delle riscritture di Cuore di tenebra, come pure delle sue visibili assenze.
Nella prospettiva di Vallorani, Kurtz ha la funzione di mettere in luce una dinamica culturale. È una figura di mediazione tra l’Europeo e l’Altro che resta, tuttavia, sfuggente, magnetizzando intorno a sé “fantasmi e paure dell’occidente”; proiezioni, ansie e mistificazioni. Ma la “funzione Kurtz” non sancisce uno scacco. Perturba, piuttosto, i meccanismi dell’assimilazione e del dominio: rende evidente il modo in cui l’Altro è rigettato in quanto alieno o normalizzato come oggetto di conoscenza empirica.
La storia di Kurtz e delle sue reincarnazioni è quella di un inesauribile catalogo di atteggiamenti verso l’Altro, e comprende altre opere di grande impatto, come Apocalypse Now di Coppola, che ridefinisce gli interrogativi di Cuore di tenebra. Ma l’ombra di Kurtz arriva anche in luoghi inattesi, come l’Otello di Elio De Capitani, influenzato da Coppola e, indirettamente, dall’Othello di Welles, a sua volta un film dall’origine conradiana.
Muovendosi con agilità da una cultura all’altra e da un mezzo espressivo all’altro, Vallorani dipana la matassa dei rimandi, diretti e indiretti, a Cuore di tenebra, portandoci fino alla letteratura contemporanea: in The Butt di Will Self la vicenda di Marlow e Kurtz si rifrange in una cupa parabola di spaesamento, dalle sfumature kafkiane oltre che conradiane, in cui l’antropologia occidentale si rivela un’arma a doppio taglio.
Nelle pagine conclusive, lo sguardo di Vallorani si ferma inoltre sulla nostra storia recente, sulla letteratura della migrazione tra le due sponde del Mediterraneo. Nessun Kurtz è molte cose insieme. È, in modo dichiarato, un libro militante, deciso a far detonare con rinnovata forza la carica di scetticismo di Cuore di tenebra. Al tempo stesso, però, è anche un lavoro di storiografia letteraria, che affronta, sottotraccia, annose questioni di metodo. È un’interrogazione su cosa costruisca un classico, e su cosa ne determini, nei decenni, il senso e il valore canonico. Dopo averlo letto, si è certi che solo guardando al dialogo tra testi che Heart of Darkness ha suscitato, quindi alla sua esistenza concreta, si possano chiarire le ragioni della sua importanza.