Stephen King e l’ossessione per le armi

Stephen King scrive "Guns" poco dopo la strage alla Sandy Hook Elementary School del 2012, in cui morirono 20 bambini. Non è un bestseller ma un saggio che analizza in controluce il mito americano delle armi da fuoco, con il suo repertorio di credenze e di fake news.

È il 1938 e in Germania Hitler è saldamente al potere. Per acquistare una pistola occorre un permesso ma si possono tenere tutti i fucili che si preferisce, certo, sempre a patto di non essere ebrei. Ora percorriamo la linea del tempo in avanti. È il 1965 e Stephen King è un comune adolescente che scrive Getting it on, un romanzo particolare con protagonista Charlie Decker, un ragazzo problematico che ossessionato da Ted, il coetaneo più popolare della scuola, armato di pistola prima uccide il professore di algebra e poi prende in ostaggio un’intera classe. Accade però la svolta inaspettata. La classe si schiera dalla parte di Charlie contro Ted che viene pestato a sangue, mentre Charlie prova a farsi uccidere dalla polizia, quello che talvolta viene chiamato suicidio blu.

Una decina di anni dopo Stephen King riscrive Getting it on, lo pubblica con il titolo Ossessione e lo firma con lo pseudonimo Richard Bachman. L’editore ne vende alcune migliaia di copie poi il romanzo sparisce. Facciamo un altro passo in avanti. È il 1988 quando il liceale californiano Jeff Cox entra in aula armato di fucile d’assalto calibro 223 prodotto in Corea e tiene in ostaggio i suoi compagni di classe. Le sue richieste sono poche e modeste, non spara sui ragazzi ma su soffitto e pareti, e quando viene disarmato e arrestato, alla polizia dichiara di aver preso ispirazione da un dirottamento visto in televisione e da un romanzo intitolato Ossessione. Qualche mese più tardi il diciassettenne Dustin Pierce irrompe in un liceo del Kentucky con una Magnum calibro 44 e un fucile. Rilascia gli studenti uno alla volta nel corso del pomeriggio senza ferire nessuno, con il solo scopo di vedere suo padre – o farsi vedere da lui – ma per farlo inscena la trama di un romanzo che sta leggendo. Quale? Ossessione.

Nel 1996 il giovane Barry Loukaitis entra in un’aula a Washington con un revolver calibro 22 e un fucile da caccia uccidendo una docente e due studenti per poi citare una frase di Ossessione. Un anno dopo, nel 1997 il quattordicenne Michael Carneal entra in un liceo del Kentucky con una Ruger MK II semiautomatica. Apre il fuoco e uccide tre persone e ne ferisce cinque. Una copia di Ossessione viene ritrovata nel suo armadietto. Stephen King all’ennesimo fatto di cronaca associato al suo romanzo chiede agli editori di toglierlo dal commercio. I giovani protagonisti di questi disdicevoli episodi di cronaca non hanno commesso quello che hanno commesso perché hanno letto un libro, le loro motivazioni sono ovviamente da ricercarsi nelle loro storie famigliari e hanno radici psicologiche. Il libro è stato solo un accelerante, la molla che ha fatto scattare la serratura, pericoloso quanto una tanica di benzina lasciata accanto ad un piromane. King com’è solito fare non usa mezze misure nell’esprimere la sua rabbia nei confronti di chi non trova nulla di marcio in un minorenne armato, sottolineando il concetto così ”Il libro rivela spiacevoli verità, e chiunque non senta un briciolo di ribrezzo nel gettare un velo sulla verità è uno stronzo senza coscienza”.

Oggi, negli Stati Uniti. Ogni sedici ore una donna viene uccisa con un colpo d’arma da fuoco dal suo compagno attuale o da uno precedente. Ogni giorno otto fra bambini e ragazzi vengono colpiti per sbaglio dalle armi da fuoco in famiglia. Il 90% delle armi da fuoco usate nei crimini viene da circa il 5% dei rivenditori. Si stima che la violenza armata costi ogni anno 229 miliardi all’economia americana. Avere un’arma in casa aumenta il rischio di suicidio del 300%. Nelle sparatorie in cui sono coinvolte armi d’assalto o ad alta capacità di fuoco, viene colpito il 155% di persone in più. Gli americani si uccidono con le armi da fuoco 25 volte in più degli altri stati ricchi. Una lista sconcertante, una death list in piena regola. Il secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America garantisce il diritto di possedere armi, e anche se King afferma di essere contrario all’abrogazione di tale legge, dichiarando di possedere tre pistole, è comunque sua convinzione che un controllo più rigido possa salvare migliaia di vite.

Stephen King, Guns. Contro le armi, tr. Ercole Leo, Marotta&Cafiero, pp. 110, euro 15,00

Il controllo delle armi contribuirebbe poco a cambiare la situazione poiché le armi sono già in circolazione e la stragrande maggioranza viene comprata, venduta e detenuta illegalmente. L’NRA (National Rifle Association), l’organizzazione a favore dei possessori di armi da fuoco, biasima la cosiddetta “cultura della violenza” nei casi di sparatoria a scuola ma non dobbiamo scordarci che come disse George Orwell durante la stesura di 1984 “Se ripeti qualcosa abbastanza spesso, sarà accettato come verità”. Interessante è l’approfondimento statistico di King riguardo all’argomento. Secondo le sue ricerche delle dieci opere narrative più popolari pubblicate nel 2012 (anno di pubblicazione di Guns) solo due presentano qualche sorta di violenza. Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin – in cui compaiono solo spade – , L’ex avvocato di John Grisham, e L’amore bugiardo di Gillian Flynn. I restanti grandi vincitori sono romanzi sentimentali o appartenenti al genere mommy-porn. Per quanto riguarda i film invece solo uno, Skyfall, contiene violenza armata. Tra gli altri titoli popolari troviamo cartoni animati, una commedia vietata ai minori e storie di supereroi quali Avengers, Il ritorno del cavaliere oscuro e The Amazing Spider-Man, sottolineando il fatto che non usano armi ma superpoteri o al massimo i vecchi sani pugni.

L’insegnamento è chiaro: le pistole sono per i cattivi, troppo codardi per combattere come uomini. Anche in ambito virtuale King non si è risparmiato di cercare smentite all’NRA.  Se è vero che gli adolescenti non rinunciano a sfogarsi con videogiochi come Hitman: Absolution, è anche vero che scorrendo la classifica incontriamo Super Mario Bros, Pokémon e Just Dance 4. “Affermare che la “cultura della violenza” in America è responsabile delle sparatorie a scuola è come dire che gli amministratori delegati di una compagnia di sigarette affermano che l’inquinamento ambientale è la prima causa di cancro ai polmoni.” Coloro che si oppongono al controllo delle armi nutrono una sfiducia così profonda nei confronti del governo federale da rasentare la paranoia. Considerano ogni forma di controllo sulla vendita e sul possesso come il primo passo volto a disarmare il popolo americano così da renderlo indifeso. In fondo le morti accidentali fanno parte del pacchetto. Ma quante pistole ci occorrono per farci sentire al sicuro? E come averle cariche e a portata di mano e al contempo fuori dalla portata di bambini?

Guns. Contro le armi ( Marotta&Cafiero, 2021, traduzione Ercole Leo) è stato scritto da King nel 2013, subito dopo la strage alla Sandy Hook Elementary School in cui morirono venti bambini. È il libro di una persona che non vuole essere solo una macchina sforna bestseller, decisa a sfruttare la sua posizione per influenzare la società, per invitare a riflettere, ad aprire gli occhi sui falsi miti e le menzogne che circolano intorno alle armi da fuoco. È uno scritto molto interessante, tradotto finalmente da una piccola casa editrice, un approfondimento sociologico che ci fa comprendere quanto sembri distante l’America da noi e allo stesso tempo quanto sia vicina. La situazione non è migliorata. Le stragi sono continuate e leggere i dati riportati da Gunviolence.org  è un’esperienza traumatica per un Paese in cui troviamo più armi che abitanti. Un breve raffronto con l’Europa: i morti all’anno per arma da fuoco su un totale di più di 500 milioni di abitanti sono circa 6700  e solo meno del 16% della popolazione europea ne possiede una.