Siamo senza dubbio in una fase dove tentativi di revisionismo storico e negazionismo verso i crimini commessi dai nazifascisti sono all’ordine del giorno. Le recenti esternazioni della seconda carica dello stato e della premier del governo più a destra d’Europa sulla strage delle Fosse Ardeatine sono più di un segnale – e non il primo – della volontà di riscrivere la storia e accostare le vittime della Resistenza, su cui si fonda la nostra Costituzione, ai militanti della repubblica di Salò. L’attacco sconsiderato al welfare, con una sanità pubblica sempre meno garantita e sovvenzionata per dare spazio a quella privata, quindi per ricchi, come quello ai diritti civili e sociali, pensioni e stipendi che perdono potere d’acquisto mentre si abbassano le aliquote per chi guadagna di più, si coniuga con i vari condoni fiscali che premiano e incentivano gli evasori.
L’oscurantismo avanza, e oltre a prendere esempio dal popolo francese sceso in piazza per una riforma delle pensioni che è una bazzecola a confronto della famigerata legge Fornero, non possiamo fare altro che tenere viva la memoria sulle donne e gli uomini che dalla Seconda Guerra Mondiale in poi si sono sacrificati, anche con la vita, per riportare la democrazia nel nostro paese. Non siamo riusciti a mantenere i diritti sociali e civili conquistati in anni di battaglie, troppo incuranti degli attacchi portati dal capitalismo e dal neoliberismo. Recentemente ho letto diversi testi di giovani autori che hanno fatto della memoria la protagonista dei loro scritti: è un segnale fortemente positivo che fa sperare che l’obbiettivo di raggiungere un oblio generalizzato da parte dei revisionisti non sarà così semplice da centrare. Quando scompariranno i testimoni diretti dei fatti potremo contare almeno sulle documentazioni.

In questo libro biografico dal titolo esemplificativo, La parte della memoria, Stefania Marongiu, sarda classe 1987, ci racconta la vita di Saverio Tutino. Personaggio sfuggente e schivo alle etichette, è un esempio di come le contraddizioni possono essere simbolo di coerenza, a volte. Nato a Milano nel 1923, il passare i mesi estivi a Tregnago, paese del Veneto, in compagnia degli zii, fa nascere il suo amore per la montagna e gli indica la differenza fra la sua realtà e quella rurale. Antifascista, si iscrive al Pci, si aggrega a un distaccamento di partigiani garibaldini e partecipa alla liberazione di Ivrea. Dopo la guerra comincia a lavorare per “L’Unità”, da cui nel 1962 fu inviato a Cuba dove lavora anche per il partito. Fatto rientrare nel ’68, i suoi articoli risultavano troppo filocastristi per la redazione del giornale da cui si licenzierà, torna presto a Cuba, collabora con l’Agenzia di stampa del Partito Comunista Cubano e diventa corrispondente per “Le Monde”. Continua a raccontare l’evoluzione della Rivoluzione fino a quando non viene accusato, a causa di un suo articolo, di essere una spia della Cia. Le parole saranno sempre lo strumento fondamentale del suo lavoro: partecipa alla nascita di “La repubblica” e crea il premio per la letteratura autobiografica Pieve, riconoscendo il valore sociale e storico dei diari personali. A sua volta Tutino scrive e pubblica nel 1995 la propria autobiografia, L’occhio del barracuda. Autobiografia di un comunista. Sin da bambino infatti Tutino teneva dei diari: la scrittura di sé era una componente della cultura familiare dove ci sono stati diaristi, memorialisti, epistolografi per più generazioni.
Il percorso di Tutino è costellato di amori, illusioni, delusioni e sconfitte e il peregrinare in diversi paesi europei e sudamericani – tante le foto con personaggi fondamentali della Storia, Fidel Castro in testa –, il non volersi conformare a un’idea e la ricerca della libertà e della verità lo hanno spinto, a volte, ad abbandonare, malvolentieri, i suoi obbiettivi per mantenere la coerenza e l’indipendenza da ogni ideale preconfezionato. Marongiu ci racconta la sua storia portandoci nei luoghi in cui ha vissuto, ripercorrendo le sue tappe professionali e personali, conversando e intervistando coloro che ha incontrato. Un viaggio importante e interessante che apre squarci sul nostro passato più o meno recente che ha il pregio di essere un documento accurato ma forse narrato con uno stile troppo impersonale e didattico. Una scelta stilistica dell’autrice che rende la narrazione, a mio parere, un po’ troppo piatta.