Un’impresa che alla sola idea fa tremare i polsi: scrivere un sequel di Solaris, il romanzo del 1961 di Stanisław Lem, tra le opere di fantascienza più lette, conosciute e apprezzate di tutti i tempi. Recita la quarta di copertina:
“Che cosa sappiamo di una storia che credevamo conclusa e che, invece, continua? Che cosa ne è stato del gigantesco cervello ‘a forma di oceano’, forse un dio, di Stanisław Lem, che sul finire del romanzo del grande scrittore polacco faceva impazzire gli astronauti che lo avevano avvicinato?”
Il lettore che si aspettasse un sequel andrebbe incontro a una delusione — o magari a un sollievo, dal momento che la conclusione della vicenda non potrebbe essere più perfetta del finale di Solaris. E come, dove, perché costruire dunque una “parte seconda”? La via scelta da Sergej Roić, giornalista e scrittore svizzero di origine croata e di lingua italiana, è quella del meta-testo, forse l’unica percorribile.
Il romanzo inizia ai giorni nostri quando un narratore, che siamo invitati a immaginare sia l’autore stesso, si reca dalla Svizzera a Milano, presso un editore che ha accettato di pubblicare un suo romanzo. Alla stazione centrale fa casualmente conoscenza con una ragazza dai capelli rossi, Luisa, come lui bloccata da uno sciopero dei servizi pubblici; decide d’impulso di accompagnarla in treno fino a Venezia. Lei è un’appassionata lettrice di Stanisław Lem: lui ha letto Solaris, del quale ricorda poco. Lei sostiene l’esistenza di una continuazione del romanzo, una seconda parte, come le ha rivelato suo nonno Werner Traumlöwe, che vive a Venezia.
Improvvisamente tutto si complica, quella che sembra la trama si rivela solo una cornice. Il nonno li indirizza dall’autore di questa Parte seconda, in Costa Azzurra; ma è un viaggio a vuoto e Luisa scompare nel nulla. Cosa succede? L’amico Gabriele cerca di indicare al narratore una soluzione:
“Forse, diceva dalla lontananza svizzera, forse avevo finito con l’impigliarmi in una smagliatura della realtà che coincideva con le singolari attese, proiezioni e invenzioni attribuibili a personaggi e cose che avevo visto o intuito solo io: i fantomatici Luisa e Werner Traumlöwe, un libro non ancora scritto che dovrebbe consentire il contatto con l’inconoscibile, un salto di conoscenza in grado di avvicinare il semplice apparire di un oggetto a noi estraneo alla sua comprensione totale o parziale.”
È tutta immaginazione, come l’enigmatico sogno ricorrente che perseguita il narratore, Maria, la donna ideale che vede ogni volta scendere nel mare e allontanarsi nelle acque? E se la seconda parte di Solaris non esiste, forse è il caso che sia lui a scriverla? Ed ecco Solaris parte seconda, che costituisce i due terzi di questo libro. Ma scordatevi il romanzo di Lem, questo è altra cosa: un roman philosophique ambientato diversi secoli dopo la colonizzazione del pianeta da parte degli esseri umani. Ma fu davvero colonizzazione, o i protagonisti non sono piuttosto i discendenti di entità create dal pianeta-cervello, dopo le prime imperfette prove con gli astronauti esploratori?
Sergej Roić inventa un’ambientazione totalmente nuova, in cui il pianeta-cervello ha fatto emergere dalle profondità del mare due piccoli continenti, abitati da esseri umani. Una specie di interdizione psicologica impedisce loro di staccarsi in volo per lasciare il pianeta — o forse è la volontà del grande cervello che si oppone. Un numero ristretto di personaggi si muove in un ambiente rarefatto: anche qui il protagonista, Pedar Bogut, è condizionato dal sogno ricorrente di una Maria, donna ideale, e c’è l’onnipresenza di una filosofia idealista attribuita a un pensatore di nome Blatone. Tra i solariani, c’è chi pensa che la loro esistenza sia riconducibile a un libro scritto da un certo Stranislaw Len, tutto sembra riflesso in uno specchio distorto, e il mondo sensibile appare come una rappresentazione materiale dell’idealismo di Platone. Nessun difficile confronto con l’universo di Lem, dunque, ma una speculazione su cosa potrebbe accadere dopo il contatto con un essere dall’intelligenza così incommensurabile da ricordare gli attributi divini di Dio.