Simone Pieranni / Una visione odierna e (forse) futura

Simone Pieranni, 2100. Come sarà l’Asia, come saremo noi, Mondadori, pp. 185, euro 18,50 stampa, euro 10,99 epub

L’Asia di fine ’800 di un morente impero, l’Asia delle colonie, dell’Indocina francese, dei britannici in India e a Singapore, degli olandesi a Giava e Sumatra, tutto ciò che per gli occidentali rappresentava un mondo arretrato e popolato da persone ben poco affidabili: ecco la divisione fra “Oriente” e “Occidente” nata con concetti astratti destinati a dissolversi quando a inizio ’900 comincia a farsi strada la “resistenza” alla colonizzazione. L’idea di un’Asia che inizia a precisarci in personaggi come Tagore (premio Nobel), Tan Malaka (rivoluzionario indonesiano), Qiu Jin (protofeminista cinese), che avviene come un “lampo nella storia” che giunge ai giorni nostri. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la crescita silenziosa durante la Guerra fredda occidentale fino ad arrivare a questo secolo, da molti definito “asiatico”.

Comincia così 2100 di Simone Pieranni, viaggiatore e giornalista vissuto a lungo in Cina, fondatore dell’agenzia editoriale China Files e autore di alcuni libri dove per gran parte si studiano i cambiamenti avvenuti in Cina in cinquant’anni, e che prefigurano oggi il (nostro, forse) mondo di domani. Cosa si dibatte da quelle parti in contemporanea con noi, cosa mangeremo e come vivremo nelle città e con quali diritti, cosa attueremo per impedire al cambiamento climatico di portare al disastro del pianeta? Pieranni ci fa vedere quante similitudini e punti comuni sono presenti in due mondi spesso descritti come antagonisti ma dove stanno crescendo due generazioni molto meno diverse fra loro dei rispettivi genitori.

Il viaggio inizia a Singapore, dove i posti si sovrappongono, uno dentro l’altro: vie dell’oppio trasformate in hub finanziari, cibo e alimentazione modificati dalla crisi climatica, menu bizzarri secondo l’idea d’utilizzare ingredienti abbondanti cercando un riequilibrio delle risorse. In quei posti, descrive Pieranni, la selva dei grattacieli si mischia alla giungla d’un tempo, visibile a tratti. A Singapore si desidera primeggiare. Il futuro del cibo in Occidente è contrastato in modi che da quelle parti sono visti come bazzecole. Ma i processi sono lunghi e faticosi, un capitolo come “Il cibo del futuro” spaventa e inquieta, certo, però mette in fila forse la parte più importante di ciò che ammanta la nostra epoca. Diverse scelte di economia e diversi strati di cibo nei nostri piatti.

Poi le città, la costruzione di luoghi inventati come Nusantara, nuova capitale dell’Indonesia che si farà largo nella foresta pluviale e che costerà intorno ai 32 miliardi di dollari, completandosi forse nel 2045. Due milioni di abitanti venuti da dove? Intanto le comunità adiacenti vengono buttate fuori dal territorio e Giacarta, l’attuale capitale, sprofonda alla velocità di 7,5 centimetri ogni anno. Il tempo delle vite in queste regioni sembra una disputa finanziaria e politica, mentre i sogni dell’intera Indonesia funzionano quasi esclusivamente attraverso TikTok. E i diritti? Ah ma questi viaggiano in vari sensi passando dalle due Coree al Vietnam e al Giappone in un coacervo di visioni e lotte – mediatiche e “stradali” – che solo la lucida osservazione sul campo di Pieranni riesce a filtrare perché la visione si chiarisca ai nostri occhi d’occidentali impuri, illusi e impauriti dall’IA. Cibernetica, sorveglianza, Covid-19, hanno dilatato la disfunzione fra valori tradizionali e spinte tecnologiche, ma sarebbe miope non considerare la varietà delle tendenze asiatiche, al netto di insidie storiche – e non considerarne la trasformazione da periferia esotica a centro di mutamento epocale al traino della forza economica.

E a proposito: ai tempi (introduttivi, molto introduttivi) dell’intelligenza artificiale la falsità politica trova il suo campo (come far ricomparire persone morte) in India e Pakistan, ma all’insegna del deepfake molto avviene (e avverrà) sotto i cieli dell’epoca, basta seguire i tweet di Elon Musk per farsene un’idea. Privati e Stato non sembrano differire molto nei loro pensieri. Aspetti oscuri e inquietanti che non cancellano il lieve e democratico ottimismo che Pieranni fonda nel punto esatto di un percorso fattosi libro: 2100, come vademecum, illustra le tendenze di un futuro presente in grosse fette dei continenti, fra conflitti, prove e soluzioni – mai esenti, come è evidente, da errori.