Cuore nero è un romanzo luminoso. La luce, la bontà, l’umanità che irradia sono un balsamo posato sugli angoli più bui dell’immensa storia che avete tra le mani – costruita da tante storie, tante vite, tante voragini, tante salvezze diverse. La potenza emotiva si specchia, inevitabilmente, con l’esperienza reale dell’autrice: Silvia Avallone ci racconta che la storia di Emilia non sarebbe nata senza il contatto umano con i detenuti dell’Istituto penale minorile maschile di Bologna. Silvia ha tenuto con loro laboratori di lettura e scrittura, conoscendoli e ascoltandoli.
Cuore nero è un romanzo non solo luminoso, ma anche chiaroscuro – una dicotomia che pianta il suo seme in ogni animo umano che incontriamo nel percorso che la scrittrice costruisce, rendendo ogni personaggio e la sua narrazione con una minuzia di dettagli sorprendente. Chiaroscura è Sassaia, piccolo borgo fra le montagne dove una mattina di novembre i passi di una giovane donna rimbombano fino a scuotere il silenzio dei suoi due abitanti – un silenzio non solo esterno, ma soprattutto interno. Emilia vuole scappare dal mondo dopo averlo profondamente ferito e dopo essersi inevitabilmente ferita. Bruno, per contrappasso, è lì perché il mondo, invece, l’ha squarciato. E sono squarci di luce quelli che fuoriescono dalla collisione di Emilia e Bruno, fino a scuoterli nel profondo, fino a svegliarli dal disincanto di un’esistenza costruita attorno ad un buco nero.
Allora forse è necessario estrarre dal silenzio, come dice Avallone, quello che è accaduto – ed Emilia e Bruno devono farlo da soli, ognuno davanti alla propria voragine, cercando una fune per oltrepassarlo. Non è forse, il tempo, abbastanza? Pareggiando i conti, donando nuove prospettive e nuovi impensabili futuri? Cuore nero intreccia il potere del tempo alla forza imprescindibile delle connessioni umane, allo specchiarsi in occhi diversi dai propri e trovare la forza di fronteggiare quella voragine maligna per vedere, alla fine, fuoriuscire il bene. Se il male è ostinato, il bene lo è di più – è luminoso, abbraccia ogni cosa. Abbraccia Bruno, abbraccia Emilia, abbraccia la possibilità di vedere oltre.
Per Emilia la volontà di sognare nuovamente è nata in carcere e non è certo caduta dal cielo grigio di una cella. Emilia ha trascorso lunghi anni all’Istituto penale femminile per minorenni di Bologna – proprio lì è riuscita a diplomarsi e a iscriversi all’università, ottenendo una laurea in Belle Arti. L’istruzione nelle carceri è un provvedimento recente in Italia, attorno a cui Avallone rimarca l’importanza dell’emancipazione attraverso la cultura – un fuoco che, almeno in alcune tra le detenute e ora studentesse, riprende a sfrigolare con vigore, portandole in una strada diversa. Così succede ad Emilia. E lei, non perdendo nessuna delle possibilità che le vengono offerte, sostiene esami su esami di filosofia: per capire il bene e il male, per comprendere ed essere compresa – e per andare, poi, avanti.
Cuore nero è un romanzo luminoso, chiaroscuro come gli esseri umani sono; ma è anche intimamente commovente. La scrittura di Avallone è profonda, umana e matura, piena di bontà – arriva come un raggio di sole e riscalda. Trabocca di passione e di riscatto. Apre gli occhi su sfumature nitide di una realtà ai margini, quella carceraria minorile, che prende forma tra le pagine di una storia che vi ci porterà dentro e ve la farà conoscere.