Da qualche anno a questa parte, negli Stati Uniti e in Europa, si è rinnovato l’interesse per la figura e l’opera di Shirley Jackson: si riscoprono i suoi libri, li si traducono e diffondono, mentre il suo nome non viene, per fortuna, sempre associato solamente alla narrativa gotica e horror che, per quanto in modo eccentrico, caratterizza i suoi testi più noti e considerati. Lo conferma un eccellente film uscito da pochi mesi, Shirley (2020), progetto quasi esclusivamente al femminile, diretto da Josephine Decker, sceneggiato da Sarah Gubbins, prodotto e interpretato da una splendida (e somigliantissima) Elisabeth Moss, e tratto dall’omonimo romanzo – parzialmente biografico – di Susan Scarf Merrell. Il film, che resta comunque un’opera di fiction, immaginando il rapporto tra una giovane coppia di coniugi, assistenti universitari, che intorno al 1950 si trasferisce per lavoro nel campus dell’Università di Bennington, temporaneamente ospite (e placidamente sfruttata per le numerose corvée quotidiane) nel cottage del prof. Stanley Hyman e della moglie Shirley Jackson impegnata nella faticosa stesura del suo secondo romanzo Hangsaman, ben rappresenta i conflitti e il disagio, l’ambivalenza affettiva e sessuale, di una donna non certo facile o amabile ma tormentata, aspra, talvolta spietata e davvero stregonesca, eppure dotata del dono celestiale di saper trasformare il proprio dolore, la propria rabbia e la propria angoscia in bellezza, in arte, in qualcosa di utile e costruttivo per il suo prossimo.
Questa stessa ambiguità così ben descritta nel film, la tensione irrisolta fra la carezza e il colpo d’artiglio, ricorre nella silloge di prose brevi jacksoniane appena pubblicata da Adelphi. La luna di miele di Mrs. Smith include la prima parte dei racconti inediti ritrovati e antologizzati dai figli della scrittrice, Laurence Jackson Hyman e Sarah Hyman DeWitt, sotto il titolo originale di Just an Ordinary Day, uscita negli Usa nel 1995: i primi trenta racconti, qui raccolti, – prima parte dell’edizione americana – sono storie mai pubblicate prima, la seconda parte – cui Adelphi dedicherà un tomo separato successivo – sono invece ventidue storie pubblicate solo su rivista o in antologie miscellanee e mai raccolte in volume.
Alcuni fra i racconti erano già stati inseriti da Adelphi in precedenti mini raccolte jacksoniane: uno, Incubo, in La ragazza scomparsa nel 2019, altri due, Pomeriggio d’estate e Invito a cena, nel n. 6 dei Microgrammi qui recensito. Le forme narrative molteplici spaziano dalla ghost-story come Pomeriggio d’estate, al divertissement gotico come Il signore del castello (piacevolmente simile ai film poeschi di Roger Corman con Vincent Price), dallo psychothriller sadiano come Jack lo squartatore, La luna di miele di Mrs. Smith (in due versioni successive, analoghe eppure antitetiche), Mrs. Anderson, Che pensiero, Prima dell’autunno, al weird surreale e allucinato, come in La storia che ci raccontavamo o in Mio zio in giardino, all’autobiografico, in chiave esistenzialista, Dev’essere stata la macchina, o umoristico, Il mio ricordo di S.B. Fairchild, ai bozzettistici memoirs familiari divertenti sulla falsariga dei suoi libri più leggeri – Life Among the Savages: Un Uneasy Chronicle e Raising Demons – come Festa di ragazzi, Arcicriminale, Quando Barry aveva sette anni.
Ricorre quasi ossessivamente nei testi che ho, con eccessiva approssimazione, definito psychothriller il tema dell’assassinio tra coniugi: nella variante al femminile, più frequente, o in quella di Barbablù (come nelle due versioni de La luna di miele di Mrs. Smith), dove però è la complicità tra il marito assassino e la novella moglie, vittima consapevole e acquiescente, l’aspetto maggiormente bizzarro ed esiziale, e anche là dove la violenza domestica non arriva all’omicidio si compie ugualmente in modo più ellittico attraverso la sopraffazione, la reclusione e la sevizia psicologica come in La brava moglie. Più spesso però è la donna a liberarsi dell’uomo, in un soprassalto d’ira come in Mrs. Anderson, per un immotivato capriccio che Poe avrebbe definito Imp of the Perverse, come in Che pensiero, o con meticolosa e metodica premeditazione come in Prima dell’autunno.
Spiccano comunque su tutti gli altri – e non potrebbe essere altrimenti per l’autrice di The Lottery – i racconti in cui lo sguardo si sofferma più caustico sull’America contemporanea delineando l’efferata vacuità, la cannibalica desolazione dei rapporti affettivi – Non bacio gli sconosciuti, Il sole torrido delle Bermuda, L’incontro degli amanti – familiari – La sorella – sociali – Gnarly il re della giungla, Riempi casa di agrifoglio (forse in assoluto il più crudele e commovente). Shirley Jackson, anche nell’impegno letterario in apparenza più occasionale o generico riconferma sempre il sontuoso nitore della sua prosa – sofferta, sinuosa, ironica, perturbante – che ormai ben conosciamo ed amiamo.