Shehan Karunatilaka / Grati alla letteratura, quando fa luce

Shehan Karunatilaka, Le sette lune di Maali Almeida, tr. Silvia Castoldi, Fazi, pp. 480, euro 20,00 stampa, euro 10,99 epub

Le sette lune di Maali Almeida è uno di quei casi in cui la copertina, estremamente attraente, colorata, vivace, come pure estremamente inquietante, la copertina è anche la chiave di lettura del libro. Nel senso che non c’è, una chiave di lettura, che spieghi tutto e di tutto dia conto. Ci sono diversi piani, e diversi ingressi e diversi livelli, e diversi strati, che portano a diverse idee e riflessioni. Ma niente prevale o domina. Ci sono diverse storie che si intrecciano, ma il protagonista è chiaramente uno solo, Maali Almeida, fotografo, giocatore d’azzardo, ubriacone e omosessuale.

Quanto alla scrittura, di una fluidità magnifica, è ricca, variegata, ma coerente: una voce chiara, definita, precisa e di sicuro unica. E allora? Che cosa ci dice questa maschera vagamente primitiva, multicolore, occhiuta, a metà tra il grottesco e il minaccioso? Ci dice che stiamo entrando in un mondo reale e fantastico insieme, e ci dice che starà a noi lettori, se vorremo e se lo riterremo opportuno, separare il fantastico dal reale.

All’inizio del libro, Maali si sveglia nel Mezzo. Pensa che sia un sogno, e sarebbe bello che fosse un sogno. Perché se ti svegli nel Mezzo vuol dire che sei morto. E sei diventato un fantasma. Con una sua realtà, perché il tuo corpo, anche se non più materia, porta i segni della tua fine. Che è stata violenta e probabilmente atroce. Come quella dei tanti, tantissimi spettri che incontri in questo non luogo, squallido, triste, affollato. Il Mezzo, come ci suggerisce la parola, è vicino e collegato al nostro mondo reale. È il luogo della scelta. Quando si arriva nel Mezzo, ci sono sette lune per capire come si è morti e poi decidere se andare incontro alla Luce, e a una nuova vita reincarnata, o se restare e cercare di influenzare il mondo “reale” da cui si proviene.

Subito appena arrivato, Maali viene prima ricevuto dalla dottoressa Ranee Sridharan, di cui ricorda la morte improvvisa e violenta, che gli spiega come raggiungere la Luce. Ma appena dopo si trova pressato da Sena Pathirana, ex attivista in vita e ora attivista del Mezzo, che cerca di sfruttare il confine ancora labile e percorribile tra i due per ristabilire la giustizia, colpendo almeno i peggiori tra i complici consapevoli delle torture e dei massacri, politici e militari per lo più. La tentazione di usare la propria condizione di invisibilità per rimettere in ordine il mondo è forte e Maali non le può resistere. Se non che, “ristabilire la giustizia” è un concetto impraticabile. Nel concreto assomiglia piuttosto alla vendetta, e inevitabilmente nel giustiziare i colpevoli si fanno nuove vittime innocenti. È un dilemma etico di fronte al quale tutti, quasi tutti ci troviamo esitanti. Il valore degli innocenti però è infinitamente più grande di quello dei carnefici. Che inoltre spesso finiscono male per mano l’uno dell’altro. Ma ci vogliono tutte e sette le lune perché Maali decida che no, la strada del farsi giustizia non è la sua.

Maali è stato un ubriacone, un giocatore d’azzardo, un omosessuale (questo un vero peccato mortale, nello Sri Lanka e ahimè non solo), ma soprattutto un fotografo. Ha testimoniato gli orrori di una guerra civile che è durata per tutta la sua vita ed è tuttora in corso. Moltissime delle sue foto sono state pubblicate e hanno scosso le coscienze, ma quelle più scandalose, quelle che forse potrebbero essere più efficaci, sono nascoste e nessuno a parte Maali sa dove. Lo dice lui stesso.

Maali non ricorda come è morto e per mano di chi, e dovrà usare tutte e sette le sue lune per scoprirlo. E il suo viaggio da fantasma nel mondo reale, le sue incursioni per cercare di far conoscere le fotografie più scandalose e per salvare le due persone che ama di più, Jaki e DD, è in realtà un viaggio dell’eroe, un viaggio dentro sé stesso. Per scoprire chi è veramente, i suoi valori, da che parte vuole stare. Ci sono molte prove da superare, che rendono questo romanzo pieno di suspense e di sorprese, prima che Maali arrivi, quasi al limite delle sette lune, a capire quale strada scegliere. E lo capirà grazie all’amore: perché quello che è disposto a fare per proteggere Jaki e DD è tutto e più di tutto.

È un romanzo che va al cuore di cosa vuol dire essere umani, questo. Non c’è nessun giudizio universale, nell’aldilà come di qua. Non c’è nessuno a cui delegare le scelte etiche e morali, quelle grandi come quelle piccole. Ci siamo solo noi a poter giudicare e poi scegliere. Sappiamo che il male è non solo intorno a noi ma dentro di noi. Ognuno l’ha subìto e l’ha compiuto. Sappiamo anche che nessuno di noi è in grado di cambiare il mondo che ci circonda. Sappiamo però che ognuno di noi può fare la sua parte. E quella è la scelta. Che non si può delegare. Che in fondo non vorremmo neanche delegare. Per quanto il confine tra il bene e il male sia contorto, confuso, labile e mutevole, la domanda “da che parte sto” è la domanda fondamentale, e quella che ci rende umani.

E le risposte? Già, le risposte non ci sono, né in questo romanzo né nella letteratura. O meglio c’è una, possibile risposta, che a dir la verità conosciamo già. Maali, che ha avuto mille incontri e mille relazioni, che si è dato, fisicamente e con l’anima, a molti, quando si ritrova nel Mezzo sa benissimo chi sono le due persone per le quali è disposto a tutto, anche a perdere la vita, se non fosse che l’ha già persa. Jaki e DD sono quelle due persone. L’amore che Maali prova per loro è naturale, spontaneo, semplice. E così chiaro che anche quello che bisogna fare di conseguenza è altrettanto chiaro. Ma questa chiarezza arriva alla fine di un percorso. E come Maali ha fatto il suo, così deve fare ognuno di noi. La letteratura, ogni tanto, può fare luce sulle nostre strade. Quando succede, gliene siamo grati.