Le sette lune di Maali Almeida è uno di quei casi in cui la copertina, estremamente attraente, colorata, vivace, come pure estremamente inquietante, la copertina è anche la chiave di lettura del libro. Nel senso che non c’è, una chiave di lettura, che spieghi tutto e di tutto dia conto. Ci sono diversi piani, e diversi ingressi e diversi livelli, e diversi strati, che portano a diverse idee e riflessioni. Ma niente prevale o domina. Ci sono diverse storie che si intrecciano, ma il protagonista è chiaramente uno solo, Maali Almeida, fotografo, giocatore d’azzardo, ubriacone e omosessuale.
Quanto alla scrittura, di una fluidità magnifica, è ricca, variegata, ma coerente: una voce chiara, definita, precisa e di sicuro unica. E allora? Che cosa ci dice questa maschera vagamente primitiva, multicolore, occhiuta, a metà tra il grottesco e il minaccioso? Ci dice che stiamo entrando in un mondo reale e fantastico insieme, e ci dice che starà a noi lettori, se vorremo e se lo riterremo opportuno, separare il fantastico dal reale.
All’inizio del libro, Maali si sveglia nel Mezzo. Pensa che sia un sogno, e sarebbe bello che fosse un sogno. Perché se ti svegli nel Mezzo vuol dire che sei morto. E sei diventato un fantasma. Con una sua realtà, perché il tuo corpo, anche se non più materia, porta i segni della tua fine. Che è stata violenta e probabilmente atroce. Come quella dei tanti, tantissimi spettri che incontri in questo non luogo, squallido, triste, affollato. Il Mezzo, come ci suggerisce la parola, è vicino e collegato al nostro mondo reale. È il luogo della scelta. Quando si arriva nel Mezzo, ci sono sette lune per capire come si è morti e poi decidere se andare incontro alla Luce, e a una nuova vita reincarnata, o se restare e cercare di influenzare il mondo “reale” da cui si proviene.
Subito appena arrivato, Maali viene prima ricevuto dalla dottoressa Ranee Sridharan, di cui ricorda la morte improvvisa e violenta, che gli spiega come raggiungere la Luce. Ma appena dopo si trova pressato da Sena Pathirana, ex attivista in vita e ora attivista del Mezzo, che cerca di sfruttare il confine ancora labile e percorribile tra i due per ristabilire la giustizia, colpendo almeno i peggiori tra i complici consapevoli delle torture e dei massacri, politici e militari per lo più. La tentazione di usare la propria condizione di invisibilità per rimettere in ordine il mondo è forte e Maali non le può resistere. Se non che, “ristabilire la giustizia” è un concetto impraticabile. Nel concreto assomiglia piuttosto alla vendetta, e inevitabilmente nel giustiziare i colpevoli si fanno nuove vittime innocenti. È un dilemma etico di fronte al quale tutti, quasi tutti ci troviamo esitanti. Il valore degli innocenti però è infinitamente più grande di quello dei carnefici. Che inoltre spesso finiscono male per mano l’uno dell’altro. Ma ci vogliono tutte e sette le lune perché Maali decida che no, la strada del farsi giustizia non è la sua.
Maali è stato un ubriacone, un giocatore d’azzardo, un omosessuale (questo un vero peccato mortale, nello Sri Lanka e ahimè non solo), ma soprattutto un fotografo. Ha testimoniato gli orrori di una guerra civile che è durata per tutta la sua vita ed è tuttora in corso. Moltissime delle sue foto sono state pubblicate e hanno scosso le coscienze, ma quelle più scandalose, quelle che forse potrebbero essere più efficaci, sono nascoste e nessuno a parte Maali sa dove. Lo dice lui stesso.
Maali non ricorda come è morto e per mano di chi, e dovrà usare tutte e sette le sue lune per scoprirlo. E il suo viaggio da fantasma nel mondo reale, le sue incursioni per cercare di far conoscere le fotografie più scandalose e per salvare le due persone che ama di più, Jaki e DD, è in realtà un viaggio dell’eroe, un viaggio dentro sé stesso. Per scoprire chi è veramente, i suoi valori, da che parte vuole stare. Ci sono molte prove da superare, che rendono questo romanzo pieno di suspense e di sorprese, prima che Maali arrivi, quasi al limite delle sette lune, a capire quale strada scegliere. E lo capirà grazie all’amore: perché quello che è disposto a fare per proteggere Jaki e DD è tutto e più di tutto.
È un romanzo che va al cuore di cosa vuol dire essere umani, questo. Non c’è nessun giudizio universale, nell’aldilà come di qua. Non c’è nessuno a cui delegare le scelte etiche e morali, quelle grandi come quelle piccole. Ci siamo solo noi a poter giudicare e poi scegliere. Sappiamo che il male è non solo intorno a noi ma dentro di noi. Ognuno l’ha subìto e l’ha compiuto. Sappiamo anche che nessuno di noi è in grado di cambiare il mondo che ci circonda. Sappiamo però che ognuno di noi può fare la sua parte. E quella è la scelta. Che non si può delegare. Che in fondo non vorremmo neanche delegare. Per quanto il confine tra il bene e il male sia contorto, confuso, labile e mutevole, la domanda “da che parte sto” è la domanda fondamentale, e quella che ci rende umani.
E le risposte? Già, le risposte non ci sono, né in questo romanzo né nella letteratura. O meglio c’è una, possibile risposta, che a dir la verità conosciamo già. Maali, che ha avuto mille incontri e mille relazioni, che si è dato, fisicamente e con l’anima, a molti, quando si ritrova nel Mezzo sa benissimo chi sono le due persone per le quali è disposto a tutto, anche a perdere la vita, se non fosse che l’ha già persa. Jaki e DD sono quelle due persone. L’amore che Maali prova per loro è naturale, spontaneo, semplice. E così chiaro che anche quello che bisogna fare di conseguenza è altrettanto chiaro. Ma questa chiarezza arriva alla fine di un percorso. E come Maali ha fatto il suo, così deve fare ognuno di noi. La letteratura, ogni tanto, può fare luce sulle nostre strade. Quando succede, gliene siamo grati.