Sfollati nel profondo sud

Francesco Altamura, Dalle Dolomiti alle Murge, profughi trentini della grande guerra. Storie e memorie delle popolazioni di Primiero e Vanoi sfollate in Puglia nel 1916, Besa, pp. 147, €16,00 stampa

Cosa sia l’identità italiana lo si capisce ai confini, sui bordi, nelle pieghe della lacunosa storia ufficiale. Si ritrova nel movimento e nella mescolanza, non certamente nella stabilità o nell’omogeneità delle culture, delle lingue e delle pratiche sociali. A confermare questa idea arriva Dalle Dolomiti alle Murge di Francesco Altamura, storico contemporaneista, precario della conoscenza collaboratore della Fondazione Gramsci di Puglia.

Nella primavera del 1916 la Grande guerra sembra prendere una piega decisiva: la potenza di fuoco della Strafexpedition austriaca sul Nordest italiano convince il Comando centrale ad evacuare l’Altopiano di Asiago, l’Alto Vicentino e la valle di Primiero (Trentino). Da quest’ultima, tra le migliaia di sfollati d’urgenza – prevalentemente donne, bambini e anziani costretti a partire abbandonando tutto –, 1.643 persone vissero un’incredibile avventura di pochi mesi a mille chilometri di distanza, nel profondo Sudest del Paese, in Puglia. Qui patirono caldo, scarsezza d’acqua e dissenteria che, in alcuni casi, portarono a irreversibili crisi nervose e alla morte. I profughi trentini, del resto, non avevano idea di cosa aspettarsi, non sapevano nulla dei luoghi verso i quali erano destinati: cinquant’anni dopo l’Unità nazionale ci volle la Prima guerra mondiale per far incontrare popolazioni e luoghi che non si conoscevano.

Sin dal titolo viene suggerita una sorta di di ‘degradazione’, di abbassamento – geografico e morfologico – nel passaggio dalle maestose Alpi alle modeste e torride colline pugliesi, appendici terminali dell’Appennino, per marcare chiaramente il carattere traumatico di quell’esperienza. Ma non si trattò solo di traumi e morte, come racconta Altamura, ma anche di scoperte e stupori: “Mio papà diceva sempre che là era la terra promessa: sì, perché la bastava seminàr che veniva… Non era come qua”. Questa, come altre citazioni che puntellano il testo, sono tratte da interviste condotte dall’autore in Primiero a figli e nipoti di coloro che avevano vissuto la profuganza. Ne vengono fuori storie sepolte: finite nel cono d’ombra della Storia ufficiale tutta militare della Prima guerra mondiale. Su di esse, come ribadisce il testo, è stato imposto un deliberato “silenzio storiografico”. Nel lungo centenario di celebrazioni piuttosto trite e stanche, Dalle Dolomiti alle Murge andrebbe letto insieme a testi come l’irregolare Cent’anni a Nordest. Viaggio tra i fantasmi della «guera granda» di Wu Ming 1, per lasciarsi sedurre dalla complessità linguistica, storica, culturale e sociale delle vicende di confine e confini italiani e della guerra, invece che dalle più comuni e accomodanti interpretazioni nazionalistiche.

Alla fine dell’appassionante lettura di questa documentatissima monografia, molti sono gli orizzonti che emergono se, per un momento, riposizionando lo sguardo sul nostro presente, osserviamo la realtà dei conflitti che si consumano intorno ai confini e lungo le rotte di migrazioni, deportazioni, spostamenti di popolazione, partenze e ritorni (impossibili). Se per un momento si riconoscesse che non si tratta di emergenze che ci piovono improvvisamente addosso ma della materia (ancora) viva della nostra stessa storia, saremmo forse in grado di leggere e interpretare la realtà con meno livore e maggiore profondità storica.

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