Oskar Kokoschka (1886-1980) è stato un pittore viennese, nutrito e cresciuto artisticamente in un ambiente culturale vivo e frizzante affermatosi come Espressionismo. Iscritto alla Scuola d’Arti Applicate di Vienna, nei primi anni dello scorso secolo Kokoschka entra sotto l’ala protettrice di Gustav Klimt, esponente della secessione artistica viennese. Come capillari diramati da un’arteria, quel primo incontro con Klimt lo porterà ben presto a contatto con molti altri artisti e personalità di spicco di quegli anni, tra i quali Adolf Loos, Herwarth Walden e Else Lasker-Schüler, Carl Moll, Hans Posse. E naturalmente Alma Mahler. Kokoschka, tuttavia, sembra essere stato in un movimento – artistico, esistenziale – tutto suo: un mondo fatto di creazioni pieno di ombre e ossessioni. Scilla Bonfiglioli, autrice del romanzo La sposa del vento e appassionata di storia dell’arte, infonde di vita non solo il pittore ma l’intero gruppo di artisti che gli ruota attorno, facendoci vivere un’esperienza letteraria tra arte e storia, tormenti personali e venti di guerra.
All’inizio del XX secolo l’aria che si respira a Vienna, come nel resto d’Europa, è tutt’altro che infusa di leggerezza. Coloro che frequentano gli ambienti artistici e letterari viennesi sentono una coltre temporalesca avvicinarsi, senza riuscire a collocarla in modo chiaro. Quando Kokoschka, dietro suggerimento di Klimt, cerca di mettere a nudo le sue visioni sulle fragilità della città in vista della mostra d’arte di Vienna, la risposta oltraggiata di un pubblico non abituato a visioni infernali come quelle di Okappa lo marchia come il Selvaggio di Vienna. Diviene ben presto chiaro come Kokoschka sia un artista tormentato, capace di vedere al di là delle apparenze, dritto dentro l’animo umano e disumano. Le tenebre che si addensano nel periodo prebellico si specchiano perfettamente dentro Oskar, lasciandoci con un ragazzo pervaso da incubi, dove i portatori di sogni sono ombre demoniache che lo seguono ogni dove, soprattutto di notte ma mettendo un prezzo onnipresente alla sua arte.
Il tormento artistico, nel romanzo, assume le sembianze di un demone specifico. La mente di Oskar è abitata da Lilith, un demone femmina – la signora dell’aria e la sposa del vento – che lo tiene ostaggio della sua stessa arte: per poter dipingere al di là di ogni convenienza e di ogni cliché, per poter dipingere ciò che nessun altro può vedere: Kokoschka deve rimanere imprigionato tra le braccia di Lilith e sottostare alle sue visite piene di tormento e tenebre. Oskar vede con il suo Occhio nelle profondità e nell’intimità di ciò che lo circonda – proprio questo scandalizza la borghesia viennese e attrae colei che diverrà fonte di ispirazione e tormento, Alma Mahler, vedova del compositore Gustav Mahler. Alma e Oskar sono trascinati da una passione che scatta l’istante stesso in cui si conoscono e da un tormento morboso e totalizzante. Alma diventa la sua musa, il soggetto del suo lavoro, il suo credo – finendo per diventare, suo malgrado, un richiamo per Lilith. Pervaso da un sentimento che minaccia di scoppiargli dentro, Oskar ritrae la forza della loro unione in quello che diverrà uno dei suoi più celebri dipinti, La sposa del vento, finendo per risucchiare nella tela quello stesso amore che li teneva ancorati l’uno all’altra. Il quadro viene realizzato nel 1914 e poco dopo scoppia la Prima Guerra Mondiale. La partecipazione al conflitto lascia Oskar profondamente scosso, mentalmente e fisicamente, tra il voler morire e il voler restare in vita: solo abbracciando i suoi demoni riuscirà ad essere e sentirsi libero. Il legame costante nel romanzo con queste forze demoniache rendono perfettamente l’immagine del tormento dell’artista: un individuo con l’abilità di vedere accostamenti di linee e colori unici, capace di concretizzare sentimenti ed esprimere i moti dell’anima umana. Talvolta soggetto non completamente compreso nella sua epoca ma rivalutato dai posteri, l’artista ci appare come una figura per cui provare tenerezza e comprensione in egual misura. Bonfiglioli ci trascina dentro le crepe dell’Impero Austro-Ungarico, facendoci fare un viaggio non solo negli incubi di Kokoschka e della sua arte, ma dentro l’anima e i tormenti della mente artistica (e bellica) europea.