Murata Sayaka, nata a Chiba nel 1979, ha esordito a livello mondiale con La ragazza del convenience store (2017), romanzo incentrato sull’esclusione sociale. La sua seconda opera, I terrestri (2021) l’ha contraddistinta nella scena nipponica per la scelta di espedienti particolarmente grotteschi, ma sempre carichi di critica sociale. In questo modo Murata sembra la degna erede di scrittori come Ryū Murakami e Shin’ya Tsukamoto. La cerimonia della vita è la sua prima raccolta di racconti.
La forma breve si adatta bene alla scrittura di Murata, dandole slancio. Mentre ne I terrestri il lettore poteva sentirsi affaticato da contenuti particolarmente violenti, qui non succede. In poche pagine l’autrice riesce costruire situazioni plausibili, di cui però non si conoscono le coordinate. Si può ipotizzare che rappresentino un avanzamento della nostra società, ma ad altri potrebbero apparire come regressione.
Il racconto di apertura è quello che dà nome alla raccolta. Un’impiegata d’azienda condivide la sua pausa fumo con un collega. Ci sono sempre meno fumatori, per cui possono avere la saletta senza che nessuno li disturbi. La protagonista dà sfogo a tutti i suoi pensieri, concentrandosi su come siano cambiati i comportamenti sociali. La celebrazione dei funerali è stata abbandonata da ormai trent’anni per fare spazio a una nuova usanza: mangiare i resti del defunto. La vitalità della società gira intorno a questo fatto, vissuto con estrema gioia dai parenti del defunto, contenti che amici e conoscenti possano beneficiare dei resti della persona amata. Alla fine di ogni cerimonia della vita è buon auspicio che le persone decidano di avere rapporti intimi per concepire dei nuovi nascituri. Al di là della pratica estremamente aberrante, Murata illustra una società in cui la produzione è arrivata ai suoi limiti. Tutto diventa merce e il corpo umano ne è alla base. I figli non vengono più fatti per costruire una famiglia, alla nascita verranno accuditi in apposite strutture. Il partner si sceglie solo per un rapporto fugace consumato in pubblico (sì, per davvero).
Altro racconto interessante è Materiali di prima qualità. Due promessi sposi devono comprare i mobili per la loro futura casa. La particolarità sta nel mobilio: è permesso comprare e fabbricare mobili fatti con resti umani. Ogni pezzo ha una sua particolarità unica, come la tonalità dei capelli oppure cicatrici che rimangono impresse. La futura moglie, Nana, apprezza molto questa tipologia di arredo, mentre il suo fidanzato la repelle in quanto usanza barbara; per questo motivo, chiunque intorno a lui lo ritiene arretrato e bigotto. Una frase che la protagonista ripete spesso è che è uno spreco cremare un corpo da cui si potrebbe ancora trarre qualcosa. Questa particolarità sottolinea un consumismo che non permette più sprechi, un tentativo di far diventare green anche la vita umana.
In Murata però non c’è solo brutalità allo stato puro. Riesce con naturalezza a inventare situazioni di vita quotidiana anche divertenti. Non tutti i racconti sono strutturati allo stesso modo, né vi è certezza che si riferiscano allo stesso universo. I più brevi si avvicinano a La lotteria (2007) di Shirley Jackson. Più che comunicare un messaggio, trasmettono un’atmosfera o un sentimento. Il sotteso diviene protagonista, riuscendo comunque a perturbare. Rispetto alle sue opere precedenti, in cui il “diverso” non veniva accettato e doveva porsi ai margini della società, l’autrice sembra aggiungere un accenno di speranza. La possibilità che qualcosa cambi è dietro l’angolo e il cambiamento è sempre inaspettato. E mai totalmente escludente.