Micha è un ghost writer e vive ormai da decenni negli Stati Uniti. Per questo è sorpreso quando la moglie dello zio, Adela, lo invita a sue spese in Israele, dove è vissuto da ragazzo. La prima parte del romanzo di Savyon Liebrecht si incentra sulla reminiscenza delle circostanze che hanno creato il rapporto particolare fra Micha e Adela in una vita passata che sembra ormai remotissima. Micha era ancora un bambino la prima volta che incontra Adela durante una riunione per lo shabbat con l’intera famiglia allargata. Fratelli, cugini, zii, tutti fortemente legati all’interno di una tradizionalissima famiglia di ebrei persiani. È per la sua origine persiana che anche Adela è lì: la famiglia cerca una sposa per lo Zio Moshe, ormai di mezza età e con una menomazione, e Adela, seppure giovane, è orfana, zoppa e porta occhiali spessi, e potrebbe per questo prendere in considerazione questo matrimonio. È quindi invitata, ma quando arriva, fradicia e intirizzita, viene abbandonata in un angolo, su una poltrona, sola in mezzo a un gruppo di sconosciuti che la ignorano altezzosamente non ritenendola degna. Solo Micha le rivolge una parola gentile, ed è così che inizia il loro inusuale rapporto in mezzo alle beghe di una famiglia ostile e chiusa nelle sue dinamiche. Adela però si rivela inaspettatamente originale e determinata. Rimane però un mistero che è al centro della seconda parte del romanzo e che si svolge nel presente: perché Adela ha invitato Micha dopo tanti anni?
Moltissimi scrittori israeliani hanno scritto saghe familiari, fra loro autori molto conosciuti anche all’estero, come Amos Oz con l’opera autobiografica Una storia di amore e di tenebra, e Scatola Nera, un romanzo di fantasia. Di famiglie tratta anche l’apprezzato e recentemente scomparso scrittore Abraham B. Yehoshua, col bellissimo Un divorzio tardivo. Il fascino che gli scrittori israeliani provano per le biografie è probabilmente connesso con la peculiare realtà del paese. Fra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta del Novecento moltissimi ebrei si sono trasferiti in Israele da altri paesi, portando con loro tradizioni dalle comunità della diaspora, per ritrovarsi in un paese nuovo, in rapido cambiamento e in un continuo dibattito fra tradizione e modernità. Le saghe diventano così il modo di trattare, nel microcosmo del nucleo familiare, gli enormi cambiamenti della società. Spesso appaiono personaggi che hanno vissuto in un altro paese e tornano a riesaminare dinamiche e ricordi in un’autopsia su rapporti spezzati, errori commessi e una società piena di contraddizioni. Parte di quello che rende la novella di Liebrecht interessante è la capacità di calare il lettore all’interno di scene al contempo vivide e simboliche. Come osservare il vecchio nonno persiano e toccare la poltrona di velluto verde su cui siede Adela.
Liebrecht nasce in Germania e si trasferisce in Israele da bambina. Ha pubblicato romanzi e racconti, e testi per la televisione e il teatro. Ha vinto premi in patria, e in Italia è stata premiata con il premio Amelia Rosselli nel 2002. Figlia di sopravvissuti all’Olocausto, i suoi scritti spesso si incentrano sul difficile adattamento dei sopravvissuti a una nuova vita. Molte delle sue opere sono state tradotte in italiano e pubblicate da e/o.