Sasha Vasilyuk / Verità e menzogna

Sasha Vasilyuk, Il vento è un impostore, tr. di Roberta Scarabelli, Garzanti, pp. 384, euro 18,00 stampa, euro 9,99 epub

«Come poteva la loro stessa gente punirli per essere sopravvissuti? L’ingiustizia di tutto ciò gli annebbiava la mente». Il paradosso di Efim Shulman è quello di essere scampato al grande massacro del Secondo conflitto mondiale, e di doverne celare le modalità persino ai propri cari. Fatto prigioniero all’inizio delle ostilità, Efim ha vissuto gli anni della guerra in Germania spacciandosi per un Ostarbeiter, ovvero un lavoratore proveniente dai territori dell’Est occupati dalla Germania nazista. La sua salvezza è frutto di una menzogna: celando la sua reale natura di soldato e il suo essere ebreo è riuscito a tornare a casa, pur fra mille privazioni e difficoltà. Negli ultimi giorni di guerra gli è stata anche fornita un’opportunità di riscatto, permettendogli di partecipare all’assalto finale a Berlino. Eppure il fatto stesso di essere sopravvissuto può apparire sospetto, e la punizione per le spie e per i collaborazionisti è estremamente crudele. La pace non è più semplice della guerra. Sua moglie Nina e i suoi figli lo credono un eroe, uno che ha combattuto sin dall’inizio ed è arrivato fino in fondo. La menzogna diviene un peso insostenibile per Efim, un fardello che lo opprime durante tutto il corso della sua vita.

Parte da questi interrogativi Il vento è un impostore (titolo originale Your Presence is Mandatory), esordio letterario di Sasha Vasilyuk, giornalista e scrittrice di origini ucraine: una riflessione sull’identità, sull’immagine che la società e gli altri ci impongono, sul concetto stesso di verità. Una vicenda che trae spunto dalla realtà, e in particolare dalla scoperta di alcuni documenti relativi al nonno dell’autrice. Nel romanzo una lettera del KGB rischia di far crollare il castello di menzogne sul quale Efim ha edificato la propria esistenza. Uno scritto rivelatore che verrà ritrovato solo dopo la sua morte. Il protagonista arriva a sentirsi in colpa per il semplice fatto di essere sopravvissuto. Se ha conservato i documenti che dimostrano l’effettivo svolgimento della vicenda, è solo per sentire di aver vissuto, per avere una prova tangibile della propria esistenza.

Sottoposta alla menzogna, anche l’individualità rischia di svanire. I prigionieri di guerra sono uomini invisibili, reietti che nessuno ha desiderio di riconoscere: “L’intero Paese amava fingere che non esistessero”. Nonostante fossero milioni, venivano ignorati. Nessuno aveva bisogno della loro verità. La narrazione ufficiale vuole che la guerra sia stata il più incredibile atto di coraggio mai compiuto, per la vittoria contro il fascismo. Chi non rientra in questo affresco è considerato scomodo. La grande guerra patriottica è un mito sul quale ancora oggi si costruiscono menzogne. L’accusa di fascismo rivolta dai russi agli ucraini parte da queste premesse. L’odio trova fondamento anche nel cosiddetto Holodomor, ovvero nel genocidio dei contadini ucraini provocato dalle politiche agricole staliniste. A questo punto il romanzo evidenzia le motivazioni di un attrito che ha radici profonde, rivelando tutta la sua attualità. Non a caso la narrazione abbraccia un arco cronologico che va dal 1941 al 2015, portandoci continuamente dal passato al presente e viceversa.

La sacra memoria della vittoria è l’unica cosa in cui il cittadino sovietico deve credere fermamente. Per questo, anche dopo il collasso dell’URSS, si fa leva su determinati valori per giustificare una guerra di aggressione come quella intrapresa contro l’Ucraina.  Vasilyuk, che vive negli Stati Uniti, ha iniziato la stesura del libro nel 2017, ovvero tre anni dopo l’inizio delle ostilità nel Donbas fra i separatisti filorussi e l’esercito regolare ucraino. Una guerra fratricida, fra persone che portano impresse nell’animo le cicatrici di una guerra più antica. L’autrice vuole dirci che la storia non insegna nulla, che il fatto stesso di aver tenuto sepolte alcune verità impedisce una riflessione sugli eventi trascorsi, un’elaborazione obiettiva delle colpe commesse. Senza una tale maturazione, siamo destinati a ripetere i medesimi errori senza possibilità di riscatto alcuno.