Sarah I. Belmonte / Olympe, la Francia per le donne

Sarah I. Belmonte, La musa scarlatta, Rizzoli, pp. 410, euro 18,50 stampa, euro 9,99 epub

Indiscussa presenza nella Rivoluzione francese, Olympe de Gouges (1748-1793) è la protagonista di La musa scarlatta, l’ultimo romanzo di Sarah I. Belmonte. La sua narrazione non ha la pretesa di essere storiografica ma, senza dubbio alcuno, gli accadimenti raccontati sono del tutto aderenti a quanto la Storia ci tramanda, fatto salvo per alcuni episodi personali di Olympe nel raccontare i quali l’autrice ha voluto lasciare la propria impronta personale che – come lei stessa afferma – togliesse la veste di sgualdrina, pazza e isterica, come invece ci viene tramandata dal linguaggio maschile e detrattore dell’epoca che mostrava diffidenza e rabbia verso il coraggio e la forza intellettuale di Olympe, donna dal carattere orgoglioso e forte e con un’eccellente formazione culturale. “Non rinuncerò a me stessa finché non realizzerò me stessa (..) Voglio farlo per il mio popolo” ci dirà, e questa citazione è indubbiamente il cuore pulsante e intimo che più di ogni altro riesce a incarnare il carattere volitivo del suo personaggio, del suo essere donna ribelle, scrittrice affermata e indipendente, in una Parigi devastata dalla violenza – ma che lei ama al di sopra di tutto, ancor più della sua stessa vita.

Le pagine di Belmonte ci fanno camminare in una tumultuosa capitale che diviene essenziale coprotagonista del racconto con i suoi vicoli e i suoi lampioni, città che anela al profondo mutamento di sé stessa ma fatica a trovare la propria rinnovata dimensione: il popolo ha fame, è sfinito ed è pronto alla lotta cruenta, e la monarchia non ha più forza attrattiva né carisma, ormai succube di una classe nobiliare corrotta e indolente. In quest’atmosfera di estremo fermento, Olympe scrive senza sosta e con una passione senza uguali per mostrare ai suoi concittadini, siano essi intellettuali o gli ultimi dimenticati da Dio, come il cambiamento a cui aspira l’intera città non debba avvenire con il sangue che scorre nelle strade e con la violenza, ma spronando il sovrano affinché si avvicini con urgenza al suo popolo con ferreo rigore morale, sulla giusta strada dell’innovazione. Lei, convinta sostenitrice della monarchia, reputa Luigi XVI uomo probo e giusto, in grado di saper gestire i venti contrari che soffiano imperiosi, in grado di accompagnare per mano i suoi sudditi e liberarli dalla povertà e dalle ingiustizie sociali.

La visione illuminata di Olympe, che le ha permesso di comprendere appieno il significato della Rivoluzione, è forgiata da una vasta conoscenza storica della sua contemporaneità che le fa scorgere opportunità collettive laddove i parigini vorrebbero solo utilizzare la pena di morte per destituire il monarca. La società sta cambiando ma le donne sono considerate esseri inferiori, senza diritti e di proprietà di uomini per nulla benevoli, salvo in rare eccezioni; ed è quindi con molta fatica che stanno cercando di acquisire consapevolezza del loro valore umano. Anche per loro de Gouges si propone con spirito critico ma propositivo attraverso opere teatrali, romanzi, pamphlet, ma anche e soprattutto scrivendo nel 1791 la “Dichiarazione dei diritti delle donne e della cittadina” (riportata interamente nelle ultime pagine del libro) testo riformista e sapiente, primo reale documento a invocare l’uguaglianza giuridica e legale fra donne e uomini. Con questa Dichiarazione Olympe diviene senza ombra di dubbio importante precorritrice dei tempi futuri, grazie alla modernità e alla grandezza delle sue idee e dei suoi ideali. Noi lettori intuiamo quanto lei sia stata una donna visionaria e proiettata verso il futuro, capace di travalicare i confini della sua stagione per spostarne i limiti – da sempre imposti da una società maschilista. Una donna che ci ha parlato di libertà di espressione, di divorzio e di uguaglianza di genere, temi fondamentali sui quali si aprono grandi discussioni anche ai giorni nostri.

“La sua normalità era fatta di lotte” davanti alle quali non si è mai arresa, neppure nei momenti di debolezza o di fragilità interiore, per questo leggiamo una prosa intensa e travolgente, dove in ogni pagina il romanzo emana forza e passione: la passione di chi vive la propria missione di vita come fine supremo a cui obbedire per tutta l’esistenza; un ideale elevato e ampio che è tout court al di sopra delle vicende del singolo essere umano perché è l’ideale assoluto, estremizzato ed esternato col motto della Rivoluzione di “liberté, égalité e fraternité” che Olympe ha cercato con tutte le sue forze di assurgere a sé sino al suo ultimo respiro, con la testa già appoggiata sul patibolo: “Non aveva idea di come la Ragione, sua forza e musa, potesse spiegare quello che fino ad allora aveva vissuto. Era certa, moriva, ma non invano”. Grazie Olympe.