In un periodo storico in cui l’omologazione dell’informazione è un dato di fatto incontestabile, a prescindere dal nome delle testate giornalistiche e dalle simpatie politiche dei loro editori, è la controinformazione che gioca un ruolo fondamentale nella diffusione di notizie manipolate o addirittura ignorate dai mass media tradizionali. Il conflitto di Donbass, guerra civile e fratricida scoppiata al confine russo ucraino, è balzato alla ribalta della cronaca nel 2014, quando un colpo di stato nella Repubblica ex sovietica, che ha deposto il Presidente democraticamente eletto, è stato presentato dai paesi occidentali come un esercizio di democrazia per staccarsi dall’egemonia russa. È chiaro che la contrapposizione tra le due superpotenze, Russia e USA, sia una delle ragioni del push messo in atto da forze fasciste e naziste, sostenute dall’occidente, e che proprio per questo le due regioni del Donbass, Donetsk e Lugansk, in prima fila contro gli invasori nazisti della Seconda guerra mondiale, non abbiano accettato il nuovo corso politico. Ancora memori delle gesta naziste sul loro territorio, hanno imbracciato le armi e dichiarato una repubblica lontana ideologicamente sia dall’attuale Ucraina e sia dalla Russia. Sono oltre tredicimila, secondo le stime, le vittime di questa guerra silenziosa, che non trova diritto di cittadinanza nei notiziari occidentali, e la manipolazione creata in occidente non ha fatto altro che dichiarare fascisti gli abitanti di Donbass, quando invece è vero l’esatto contrario: lottano per la loro indipendenza prendendo a modello il comunismo dell’ex Unione Sovietica. Il popolo di Donbass ha ripreso in mano le armi usate dai loro padri nella Grande guerra, e nonostante il fronte a pochi chilometri dai centri abitati non perde occasione per celebrare e ringraziare i propri padri, ancora oggi, per averli liberati dai nazisti. Solidarietà, egualitarismo, difesa dei diritti universali, diritto al lavoro e assistenza sociale sono i punti cardini di una società che fa il possibile per mantenere una vita dignitosa e accettabile per tutti, anche con gli aiuti umanitari della Russia.
E Sara Reginella, psicologa e psicoterapeuta anconetana, che ha girato anche dei documentari – già premiati – su questo conflitto, ha voluto andare a verificare con i suoi occhi. Oltre a palazzi smembrati dai bombardamenti, oltre alla mancanza di generi di prima necessità, oltre a una popolazione – bambini compresi – che vivono sotto il costante pericolo dei bombardamenti, ha trovato un popolo solidale che non vuole arrendersi. Anziane vedove che ricordano i loro mariti morti per la libertà, giovani volontari provenienti da tutto il mondo per difendere la piccola repubblica dagli attacchi reazionari, ragazzi e ragazze che vanno a trovare gli eroi di guerra portando regali a loro e alle mogli e scoprendo una realtà dove la guerra non ha creato divisioni, ma anzi ha rafforzato la volontà di tornare a vivere come una volta. Un reportage molto interessante e approfondito che Reginella gestisce come un romanzo, con un punto di vista analitico che solo un occhio di una psicoterapeuta poteva avere per sondare così profondamente l’intimo dei protagonisti.
“Il sole sta tramontando, osservo intorpidita i palazzi costruiti durante il periodo sovietico: radicandosi nel territorio con la stessa maestosa presenza di templi e cattedrali, quei fabbricati del popolo penetrano il tessuto psichico dei residenti e ne disegnano il paesaggio interiore”. Ho estratto questo pezzo perché esemplifica in maniera perfetta lo spirito del testo, passaggio che non può non farci ricordare J. G. Ballard di cui la scrittrice marchigiana, pur non conoscendolo, ha molti richiami anche stilistici.
Storie di giovani, ragazzi, persone comuni, vecchi che formano un insieme omogeneo sotto il punto di vista sociale e affettivo, tutti pronti a fare qualcosa per chi ne ha bisogno. Ci voleva una testimonianza diretta di un conflitto che sembra non interessare nessuno, dove si ignorano volutamente le barbarie del nuovo governo ucraino che vorrebbe schiacciare una rivolta a cui in questi anni non è riuscita a venire a capo. Lo stile di Reginella è limpido ed essenziale, compatto e quasi musicale, con parole che si succedono con semplicità e chiarezza, degno di un autore navigato. Un libro prezioso in un’epoca di approssimazione generale.