Il crimine del buon nazista è un romanzo dedicato alla persecuzione degli omosessuali che iniziò in Germania nel 1933, sin dall’inizio del cancellierato di Hitler e subito con meticolosa violenza. Non si tratta solo dello sfondo per una storia alla Agatha Christie, che si svolge nello spazio circoscritto dei locali di un dirigibile in volo, ma anche di un desiderio di informazione e divulgazione sulle vicende storiche di quella specifica forma di repressione. Samir Machado de Machado è brasiliano e la vicenda si svolge nei cieli della sua nazione, ma il mondo separato del dirigibile crea un piccolo ma significativo spicchio dell’astiosa e prepotente Germania. È una leggenda storica quella che vuole il popolo tedesco nella sua totalità immediatamente asservito al nazismo dopo la nomina di Hitler: docile, quasi ipnotizzato, perché la nazione invece fu luogo di una lunga e sotterranea guerra civile che si concluse nel 1945 e che è storicamente definita come Antifaschistischer Widerstand, la resistenza tedesca.
Archiviando le congiure opportuniste di nazisti più o meno pentiti – esempio eclatante è la troppo famosa e ambigua Operazione Walkiria – la resistenza dei tedeschi ebbe forme proprie e fu caratterizzata da centinaia di migliaia di azioni dal basso, spontanee, che coinvolgevano, ognuna, solo un numero limitato di persone, spesso singoli. Il crimine del buon nazista è una storia di opposizione, di resistenza attiva, di solidarietà, affetto e amore ambientata in un periodo in cui gli stessi sentimenti erano oggetto di una repressione sociale capillare, dall’azione costante e dall’intromissione della comunità conservatrice allo scopo di eliminare ogni individuo, ogni corpo che risultasse loro corrotto o malato.
In maniera quasi paradigmatica de Machado siede attorno a un tavolo dell’elegante ristorante che si libra, spinto dallo Zeppelin sui cieli australi del Brasile, esemplare di una serie di prototipi della vincente società ariana: un membro della kriminalpolizei molto sicuro di sé, una baronessa rappresentante dell’aristocrazia tedesca, un medico igienista campione dello scientismo a sfondo razziale dei progetti eugenetici, un giovane esemplare inglese della razza nordica e un commerciante proveniente dalla borghesia, forse un ebreo. Vicino a loro il comandante del dirigibile, conservatore aperto oppositore del nazismo. Le scaramucce sull’arte, l’estetica e il concetto di bellezza offrono al lettore un quadro dei difficili equilibri tra potere, cultura e libertà in quel periodo e, soprattutto, delle forme di disprezzo che da popolari erano diventate istituzionali.
Ma de Machado abilmente rimescola le carte e molti dei personaggi rivelano sorprendenti ed eleganti colpi di scena che rendono la lettura piacevole anche se proiettata su uno sfondo sempre più tragico. La sua qualità narrativa consiste nella creazione di un equilibrio tra leggerezza della vicenda inventata, nonostante la presenza ingombrante della morte a bordo, e la consapevolezza dell’immane tragedia mondiale che si sta avvicinando.
Il libro, pur mantenendo costante attenzione alla scorrevolezza della narrazione, affronta apertamente la sfida della storia, dei fatti accaduti, del profondo legame tra le azioni dei singoli e la tragedia collettiva della Germania. Per questo motivo al lettore, un po’ sul modello del graphic novel, parallelamente alla conoscenza dei personaggi è offerta la cronaca di uno spicchio dell’attività della macchina repressiva tedesca e della repressione subita dagli omosessuali, e nel fare questo si assume la responsabilità di partecipare alla complessa e diffusa pratica di costruzione della memoria. La pervasività dell’esperienza totalitaria che ha caratterizzato il fascismo tedesco ha portato a una costruzione della memoria spesso frammentaria il cui risultato è stato una serie di olocausti paralleli che si sono intrecciati a quello ebraico. Ai bordi del Tierganten di Berlino, a ridosso del bunker della Cancelleria dove Hitler si è suicidato, sono stati eretti una serie di memoriali dedicati al ricordo degli ebrei europei, dei rom e dei sinti, degli omosessuali vittime del progetto di purificazione razziale; poco lontano, di fronte all’odierna sede della Berliner Philharmonie, si ergeva la macabra palazzina sita al civico 4 di Tiergartenstraße, da dove venne pianificata la l’eliminazione dei disabili oggetto della Aktion T4. In varie sedi della città comunisti, socialisti, sindacalisti, cristiani, pacifisti hanno eretto i loro meccanismi di ricordo per combattere l’oblio del loro olocausto, nel tentativo di mantenere la memoria della criminale pluralità della persecuzione nazista che si stima in venti milioni di esecuzioni. Non comprendere la complessità e la radicalità del razzismo esercitato dal fascismo tedesco, imbevuto di scienza approssimativa e superstizione, per ridurlo al solo antisemitismo, è operazione pericolosa che consente, e ha consentito, la sopravvivenza di altre forme di segregazione.
Il crimine del buon nazista ruota attorno alla storia reale dell’Institut für Sexualwissenschaft e della figura di Magnus Hirschfeld. Senza entrare nello specifico di come era cambiata la percezione e l’esposizione dell’omosessualità durante la Repubblica di Weimar, l’Istituto fu al centro di un eccezionale dibattito sulla cultura, la psicologia, la ricerca medica, i diritti giuridici di gay, lesbiche e transessuali, tanto da rappresentare uno dei più appariscenti centri di quel degrado che la nuova società nazista riteneva di dover combattere. In particolare (nel romanzo se ne trovano i riferimenti), il rogo dei libri del 10 maggio a Berlino venne sostanzialmente alimentato proprio dai volumi sottratti alla biblioteca dell’Istituto, che era stata devastata pochi giorni prima. Nel nostro immaginario il ricordo della violenta fine dell’Istituto è progressivamente stato riallacciato e sottratto all’oblio, tanto che una serie TV di successo come Transparents, una commedia ambientata a Los Angeles, ripercorrendo la storia familiare del protagonista ripropone le vicende dell’Istituto fino alla sua devastazione da parte dei membri eccitati della Deutsche Studentenschaft. Si potrebbe dire che Il crimine del buon nazista è una scheggia di quel vetro infranto che è stata la disordinatamente tollerante Germania di Weimar, una delle tante schegge possibili, ognuna con la sua forma irregolare che rimanda immagini incomplete e sfuggenti ma ancora taglienti e dolorose.