Libro che arriva in Italia a quattro anni dalla prima pubblicazione in Giappone, Il Capitale nell’Antropocene del giovane filosofo Saitō Kōhei (classe 1987), ha riportato all’attenzione di politologi ed ecologisti il pensiero dell’ultimo Karl Marx, in gran parte inedito e sconosciuto. L’autore propone in primo luogo una critica precisa ai vari orientamenti che cercano di conciliare crescita economica e rispetto dell’ambiente. Nella parte finale del libro avanza poi una serie di coraggiose proposte che possono andare sotto la definizione di Comunismo della decrescita: due termini estremamente impegnativi e quasi provocatori, ma che appunto si basano su una interpretazione del pensiero di Marx del tutto inedita, venata di ottimismo e forse di utopia ma che potrebbe costituire una soluzione nel momento in cui il cambiamento climatico ci sta ponendo di fronte al rischio neppure troppo remoto di estinzione già sul medio termine.
Passando in rassegna le varie opzioni che cercano di conciliare crescita economica e rispetto dell’ambiente, anche provenienti dalla sinistra liberal o marxista, Saitō Kōhei espone i limiti di proposte esclusivamente burocratiche o pericolosamente ottimiste che rischierebbero di aumentare il divario economico tra Nord e Sud del mondo, la sudditanza e il malcontento di quest’ultimo, oltretutto senza configurarsi come soluzioni praticabili a lungo termine. Le stesse tecnologie che ci vengono sbandierate con toni trionfalistici non possono rappresentare per lui soluzioni: non lo sono le auto elettriche, i dispositivi per annullare la CO2 (come il Beccs, Bio-energy with carbon capture and storage) e tante altre ipotesi che al più costituiscono delle pezze a breve termine.
L’argomentazione è sempre puntuale, basata su ragionamenti stringenti e dati inoppugnabili, così come la critica globale e senza appelli al sistema capitalistico, il solo responsabile della disparità di ricchezza, dell’infelicità di miliardi di esseri umani socialmente e politicamente soggiogati, e di una distruzione ambientale che oggi deve costituire la nostra principale preoccupazione. Certo, proponendo una sua soluzione, sulla scorta degli studi che Marx compì dopo il primo libro del Capitale (l’unico pubblicato in vita), concentrati su varie comunità agrarie e sul pensiero di pensatori in anticipo sui tempi come James Maitland, Conte di Lauderdale (Inquiry Into the Nature and Origin of Public Wealth, 1804), Saitō Kōhei sa bene quanto sia necessario prendere le distanze dalle esperienze del comunismo reale – dittature militari che non hanno per nulla garantito libertà o benessere, e che comunque non avevano molti punti di contato con il pensiero di Marx, né come codificato nel capitale né, tantomeno, alla luce del suo lavoro successivo, sotterraneo e da approfondire. L’obiettivo, afferma, è “creare l’abbondanza per rendere inutile la crescita”, eliminando il superfluo dei bullshit jobs e concentrandosi sulla distribuzione della ricchezza, cosa che diverse esperienze nel mondo stanno dimostrando possibile, almeno su scala medio-piccola. Crediamo infine che restino da sondare con strumenti appropriati (e speriamo sia la direzione di lavoro di Saitō Kōhei e di chi arricchirà i suoi contributi), i processi politico-legislativi e di architettura sociale, le modalità di intervento in itinere sull’economia di transizione che senza dubbio sarà necessaria e complessa.