Il titolo italiano è bruttissimo, la copertina bellissima (come tutte o quasi quelle de il Saggiatore) il romanzo divertentissimo, la storia del libro sorprendente.
Andiamo con ordine. Il titolo originale è The Bloater (gonfiore o una sorta di sardina) che Alessandra Castellazzi sceglie di tradurre come Il baccalà, non senza ragione visto che si riferisce a un personaggio centrale, un tenore, grande e grosso, poco lavato e che puzza di pesce. Certo è che – non fosse stato per il disegno della bocca semiaperta riprodotta in copertina da cui esce un lungo serpentone (ma potrebbe essere una vibrante sciarpa di seta che qualche esemplare maschile ancora oggi sfoggia) non avrei neanche aperto il libro. Il romanzo, poi, è anche una sorta di filologia della bocca. “Sai, parte tutto dalla bocca” si sentenzia.
Min, la giovane protagonista vive a Londra negli anni ’60 ed è sposata con George che con nonchalance ci presenta così: “George è l’uomo con cui sono sposata. È molto amato da chiunque lo conosca, ed è sempre diretto al British Museum o di ritorno. Paga le bollette, è sinceramente affezionato a me e una volta uscito di casa conduce, sospetto, altre due o tre vite parallele”. Le presunte vite parallele del marito non preoccupano affatto Min che anzi diventa un po’ pensierosa solo quando suppone che le suddette relazioni siano in crisi e che il povero George debba ricorrere a libri erotici. Inoltre George, sempre secondo Min, “è molto bravo nella preservazione e nel mantenimento giornaliero del corpo umano”, quindi si occupa in modo eccellente della “nuova malattia del welfare state: la gotta” (!) che affligge il suo alluce. Ma tutto sommato l’uomo sembra essere poco più di un soprammobile infatti un giorno Min si rende conto di essere uscita dalla stanza e aver spento la luce prima di ricordarsi che il marito era lì con lei.
Min inoltre è circondata da tre quattro uomini dai 20 ai 60 anni con cui flirta continuamente in modo eccentrico e con un’unica preoccupazione: non innamorarsi, per non finire con la “testa appoggiata ubbidientemente sotto il suo mento” (di chiunque sia il mento). I rapporti con gli uomini sono anche l’oggetto prevalente delle fitte conversazioni con Jenny, l’amica e collega di lavoro alla BBC pericolosamente sulla via di innamorarsi. Le due sono ragazze sveglie e sanno che per una donna che già è in una posizione precaria rispetto agli uomini innamorarsi è molto pericoloso perché la serenità e la gaiezza scompaiono e si deve “cominciare a pensare, a desiderare”, ad essere gelose.
Min non manca di ironia, anche quando parla del suo lavoro alla BBC in locali dove si lavora sigillati come sardine a trascrivere in musica elettronica certe poesie sulla figura mitica di Oreste. “Sappiamo che, per quanto efficace, cinquanta ‘esperti’ (persone che acquisiscono conoscenza teorica senza adoperarla) sminuiranno il risultato. E poi cinque anni dopo, a denti stretti, e dieci anni dopo, pubblicamente, infileranno il nostro lavoro negli archivi sonori e lo citeranno in continuazione per intimorire i futuri compositori elettronici”. Tranchant ma esatto!
Filtrare invece è un’arte decisamente divertente e spericolata che Min esercita con sapienza spiazzante e riflessioni, sempre fra il caustico e il leggero: puro divertimento per il lettore e ancora di più per la lettrice. Una scrittura estrosa quanto lo è Min, e piena di neologismi che la traduttrice reinventa deliziosamente in italiano. Come quando la nostra protagonista che oscilla fra la repulsione e l’attrazione verso il Baccalà considerandolo come roba sua e sempre convinta di essere l’unica ad avere il diritto di maltrattarlo improvvisamente si accorge che l’uomo “è attento, sensibile e molto più che intelligente, è geniale”. Per di più anche lui non manca di colpi bassi come quando le dice papale papale che pensa lei abbia molto bisogno di lui sotto l’aspetto sessuale. Altro che amore. Min non può che sentirsi sovrabaccalata come non mai. Che aggettivo potente!
Il romanzo – scritto nel 1967 – e la sua protagonista hanno la capacità di infrangere tutte le regole senza metterne apertamente in discussione nessuna. E anche questo è molto divertente perché scansa del tutto gli spiegoni e le derive pedagogiche che son sempre dietro l’angolo.
La cosa interessante – ma non si viene a saperlo leggendo il libro perché non è corredato da note o introduzioni – è che Rosemary Tonks dopo una serie di traversie dolorose che la portano quasi alla cecità si converte al cristianesimo fondamentalista e considera tutta la sua produzione poetica e in prosa come opera del demonio. In particolare fece ritirare dalle librerie e distruggere quasi tutte le copie di The Bloater e solo per un fortunato caso abbiamo il piacere, davvero grande, di leggerlo a due anni dalla morte. Una vicenda questa che possiamo ben credere avrebbe divertito moltissimo Min.