Robustelli, Steiner / La ballata dei ribelli nella Patagonia selvaggia

Giovanni Robustelli, Marco Steiner, Nella musica del vento. Lontano non esiste, Volume 1, Cong Edizioni, pp. 144, euro 19,50 stampa

Premessa: questo non è un graphic novel. Questo è un romanzo a fumetti, o meglio, ne è la prima parte. Detesto cordialmente i fighetti che di fumetti ne sanno poco e che per darsi un tono usano impropriamente l’inglese. L’Italia per quel che riguarda i fumetti non ha da prendere lezioni da nessuno, anzi, ne ha date: basti pensare per la venerazione di Frank Miller nei confronti di Hugo Pratt (che a mio modestissimo avviso ha insegnato qualcosa anche ad Alan Moore, e scusate se è poco).La tradizione fumettistica italiana per larga parte è legata all’avventura; oltre a Pratt c’è da ricordare Mino Milani, e Toppi, e Battaglia; persino Manara, prima di dedicarsi completamente al redditizio soft porno ha disegnato fumetti d’avventura. Sarà un caso se all’inizio del Novecento abbiamo avuto un certo Emilio Salgari? Evidentemente è stata un’eredità fruttuosa, e la fetta più grossa è stata senza dubbio, scusate se mi ripeto, l’opera di Pratt. Se insisto sul nome del padre di Corto Maltese è perché Marco Steiner ha lavorato con lui negli ultimi anni della sua attività, e ne è a tutti gli effetti l’erede spirituale, e non solo, vista la dedizione con la quale si è impegnato a tutelarne e valorizzarne il lascito. E nei suoi romanzi ha cercato di trasporre in parole l’incantesimo dei viaggi prattiani, riuscendo comunque a dargli una vena tutta sua (conosco pochi scrittori che ti portano in mare come Steiner, e che riescono a farti vedere e sentire la parte acquea del mondo come se fossi anche tu lettore in barca con lui).

Qui però avviene qualcosa di nuovo: uno dei romanzi di Steiner ha subito uno shakespeariano sea change, e si è metamorfosato in una storia a fumetti. Storia d’avventura, ovviamente, ma nella tradizione prattiana con un solido retroterra storico e geografico; e la classica convivenza di personaggi immaginari, come il bandito gallese Morgan Jones, emigrato in Argentina, che fa parte per qualche anno della banda di Robert LeRoy Parker, meglio noto come Butch Cassidy (il quale effettivamente si rifugiò in America Latina nei primi del Novecento per sfuggire alla caccia che gli davano gli agenti della Pinkerton, i cani da guardia del capitalismo americano).

Steiner dà credito (e non è l’unico) all’ipotesi che Cassidy non sia affatto morto nel 1908 in una sparatoria, ma che abbia simulato la sua morte per poter finalmente vivere relativamente in pace; è esattamente quel che accade in questo primo volume di Nella musica del vento, e l’arrivo di un messaggio da parte del vecchio socio in rapine forza Morgan a cimentarsi in un viaggio in Patagonia, associandosi con un’eterogenea pattuglia di anti-eroi che mi fanno tornare in mente i weird western di Valerio Evangelisti, quelli con Pantera, il pistolero-sciamano. Siamo in effetti in un western delocalizzato, che alla fine varca la linea della costa e diventa un viaggio in mare. Verso dove, ce lo dirà il volume secondo, che non vedo l’ora di poter leggere.