A far naufragare i rapporti è il nostro modo di vivere il presente, tra messaggistica istantanea e capricci soddisfatti con un semplice click, oppure le vite in continuo cambiamento, percorsi intrecciati sempre più propensi a diventare rette parallele? Una questione dalle tante risposte – tutte giuste, tutte incomplete – che Roberto Gerilli sceglie di declinare in Ancora amici, la storia di quattro compagni di avventure originari di Falconara Marittima. Sono ormai adulti, sparpagliati in giro per l’Italia per ragioni di studio, lavoro e famiglia, e soprattutto incerti nel riuscire a tenere le fila di quell’affetto così necessario, adesso quasi un sottofondo distante.
Martina, l’energia del gruppo, è incastrata in una relazione frustrante; Riccardo, il ribelle, è travolto dall’uragano interiore della paternità e la paura di non essere all’altezza; Veronica, in apparenza la più razionale, viene costretta ad affrontare una verità sconvolgente. E poi c’è Claudio, il collante, l’unico a non aver mai davvero abbandonato i luoghi e i desideri dell’adolescenza, innamorato di Veronica ma troppo leale e intimorito per confessarsi. Muovendosi fluidamente tra il passato e i nostri giorni, Gerilli racconta le dinamiche della loro amicizia, fatta di estati in spiaggia, conversazioni notturne e di amore sconfinato per la musica. Dal rock al grunge, è l’elemento che percorre il libro dall’incipit al finale, accompagna la memoria e la rende eterna.
In ogni eternità, si sa, non manca mai la nostalgia. Nostalgia di quei legami di giovinezza agognati, arrivati come un fulmine a ciel sereno e in grado di stravolgere ogni cosa; nostalgia di quella condivisione che computer e smartphone soffocano, sebbene rimanere in contatto sia più semplice. «La nostalgia è l’unico carburante che avvia e mantiene vive le nostre conversazioni», nota Veronica, «o almeno l’unico che abbiamo il coraggio di usare». Deluso dai risultati di un progetto – un’app ideata per fare amicizie, trasformata dal mercato nell’ennesimo mezzo per incontri occasionali – Claudio abbandona il cellulare e parte per recuperare gli amici da una città all’altra e andare insieme a un concerto, come non fanno da anni. Li scopre alle prese con i drammi del quotidiano, piccoli o grandi che siano: decisioni, malattie, responsabilità da partner e genitore. Claudio fa breccia, come d’abitudine, nelle loro solitudini e nella propria, li costringe a uscire dal torpore dell’impasse.
Anche senza IPhone o altre distrazioni digitali, però, permangono i silenzi, la sensazione di essere cresciuti in direzioni opposte. C’è una certa forzatura anche nei gesti spontanei, nelle chiacchiere innocenti. Lo sa Martina, che nota l’agitazione di Riccardo, e ne sono coscienti anche Veronica e Claudio, imprigionati da decenni in tutto ciò che non ammettono ad alta voce. Impossibile non chiedersi, allora, se certi muri non siano semplicemente inevitabili, se ogni sforzo sia destinato a fallire. Nel caso dei protagonisti è ancora la musica, salvifica, a sanare le fratture: il ritrovamento delle compilation create da Claudio e Riccardo per Martina e Veronica, un espediente per sentirsi vicini dopo le loro partenze, e la volontà di provare di nuovo l’emozione del parterre, di cantare a squarciagola a un live.
Con una scrittura impregnata di tenerezza e humor, Gerilli ci ricorda la potenza irriducibile delle prime volte: prime amicizie vere, primi amori, prime passioni viscerali, prime promesse inviolabili. Spesso si perdono, di rado resistono, eppure restano da qualche parte, in un angolo di tempo e spazio, dove non possiamo vederle ma le percepiamo fino in fondo – in ogni respiro, in ogni passo. Perché «forse è proprio questo il loro scopo: ricordarmi chi ero».